06.10.2023 Icon

Factoring e revocatoria fallimentare: no al controllo di legittimità sullo stato di insolvenza

Con ordinanza del 24 maggio 2023, n. 14299, la Cassazione è intervenuta in tema di factoring e revocatoria fallimentare chiarendo i limiti del proprio sindacato di legittimità sugli elementi dell’azione.

La decisione della Suprema Corte rappresenta la coda di una vicenda giudiziale in cui una Società Sportiva Calcio aveva ceduto alla Banca, dietro corrispettivo, alcuni dei propri crediti vantati nei confronti degli sponsor.

In tale contesto, il Tribunale aveva parametrato al rapporto ceduto-cessionario la verifica di sussistenza dei presupposti della inopponibilità della cessione, mentre la Corte d’appello, correggendo la motivazione del Giudice di prime cure, aveva fatto applicazione del combinato disposto dalla Legge n. 52/1991 (“Disciplina della cessione dei crediti di impresa”) agli artt. 5, comma 1, e 7, comma 1, secondo cui:

–       “Qualora il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la cessione è opponibile…” (cfr. art. 5, co. 1, L. 52/1991);

–       “L’efficacia della cessione verso i terzi prevista dall’art. 5, comma 1, non è opponibile al fallimento del cedente, se il curatore prova che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento e sempre che il pagamento del cessionario al cedente sia stato eseguito nell’anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto” (cfr. art. 7, co. 1, L. 52/1991);

Delineato in questi termini il perimetro di indagine, la Corte d’Appello aveva poi osservato che: “il pagamento del cessionario al cedente è avvenuto al momento dell’acquisto dei crediti (settembre 2003) e, quindi, nell’anno antecedente al fallimento ed in anticipo rispetto alla scadenza dei crediti (discorsi mesi dopo), il che vale a ritenere comprovata nella specie la sussistenza del requisito di cui all’art. 7 cit.“;

E ciò in un contesto in cui, sempre secondo il Giudice del gravame, nel caso di specie il cessionario (Banca) conosceva lo stato di insolvenza del cedente (Società Sportiva Calcio) non solo perché la Banca, in qualità di operatore qualificato, era in grado di percepire precisi segnali di allarme, ma anche vi era stata la costante pubblicazione, da parte della stampa, di notizie sul dissesto economico della società, poi fallita.

Da qui le conclusioni della Suprema Corte, secondo cui il successivo ricorso per cassazione è un chiaro esempio di azione versata nel merito, “non riuscendo a discernersi fin dove giunga la denunzia di violazione di legge e dove inizi quella di omessa considerazione di non meglio identificati fatti storici decisivi e controversi”.

La conclusione, pertanto, è che in tema di revocatoria fallimentare la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce la conoscenza dello stato di insolvenza, costituiscono un apprezzamento di fatto che è sottratto al controllo di legittimità.

Autore Francesco Concio

Partner

Milano

f.concio@lascalaw.com

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