28.01.2011 Icon

È nulla la fideiussione omnibus rilasciata da una società in favore di un’altra collegata se in conclamato stato di decozione

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso per Cassazione proposto dalla società garante, ha ritenuto nulla la fideiussione da questa rilasciata, applicando al caso di specie la disciplina prevista dagli artt. 2384 e 2384 bis cod. civ. (allora vigenti). In particolare, la Corte ha ravvisato una violazione di poteri da parte di quell’Amministratore che, seppur munito dell’autorità ad agire in tal senso in forza di una valida delibera assembleare, ha compiuto atti contrari allo scopo sociale dell’impresa rappresentata.

L’Amministratore Unico della società garante, infatti, rilasciava una fideiussione omnibus (e, tra l’altro, ultra vires) in favore di un’altra società collegata (e nella quale ricopriva la medesima carica), nonostante quest’ultima fosse in procinto di essere ammessa ad una procedura di concordato preventivo.

Così, accogliendo i primi due dei quattro motivi di ricorso della società, la Suprema Corte ha, da un lato, ravvisato la nullità della fideiussione nella misura in cui il rilascio di tale garanzia – peraltro di importo-limite superiore al capitale sociale – fosse in netto contrasto con lo scopo sociale perseguito dall’impresa, specie se – come nel caso in esame – la Banca conosceva lo stato di decozione della garantita.

Dall’altro lato, la Corte ha rilevato la nullità della garanzia, anche in quanto trattasi di “contratto concluso dal rappresentante Amministratore Unico in conflitto di interessi con la società rappresentata, che infatti propone azione di annullamento ai sensi dell’art. 1394 cod. civ.”.

E a nulla vale, secondo la Cassazione, che tale operazione sia stata precedentemente avallata con una delibera assembleare assunta con la compiacenza di “soci avventurosi”, dal momento che la stessa delibera avrebbe dovuto essere considerata a sua volta nulla per illiceità dell’oggetto, in quanto contraria allo scopo sociale dell’impresa nonché potenzialmente pregiudizievole per i terzi creditori.

L’atto concluso dall’Amministratore Unico, sebbene con il benestare dei soci, viola quelle norme imperative che impongono, in primo luogo, la tutela dell’interesse pubblico e sociale dell’impresa causando, quanto agli atti compiuti, una nullità insuscettibile di sanatoria, nemmeno se in presenza di un’autorizzazione preventiva o di una successiva ratifica.

 

(Matilde Rota – m.rota@lascalaw.com)