Il caso in esame afferisce un’opposizione a decreto ingiuntivo con la quale gli opponenti, rispettivamente sottoscrittore di un contratto di finanziamento e coobbligato, eccepivano, tra le altre, la presunta mancata prova del credito.
Gli opponenti rilevavano che il creditore procedente non avesse depositato, unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo, un estratto conto analitico comprovante l’esatto ammontare del quantum debeatur. Chiedevano pertanto, oltre alla revoca del decreto ingiuntivo opposto, che non venisse disposta la provvisoria esecutività dello stesso ai sensi dell’art. 648 c.p.c.
La convenuta opposta si costituiva in giudizio rilevando come, al di là della documentazione versata in atti sin dalla fase monitoria, per comprovata giurisprudenza, ai fini della prova del credito nascente da contratti diversi da quello di conto corrente (quale, per l’appunto, il contratto di finanziamento dedotto in giudizio) non sia necessario allegare l’estratto conto analitico.
In prima udienza, il Giudice adito, ai fini della concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, con l’ordinanza in commento rilevava quanto segue: “nei processi aventi ad oggetto i contratti di finanziamento, a differenza dei processi aventi ad oggetto i contratti di conto corrente, essendo il credito definito nel suo esatto ammontare sin dall’inizio della stipula del contratto, non è affatto necessario depositare gli estratti conto, potendo il creditore – come in ogni fattispecie inerente l’adempimento dei crediti derivanti da contratto – limitarsi anche esclusivamente a depositare il solo contratto (Cass. Civ. n. 13533 del 2001) e non dovendo nemmeno depositare l’elenco delle movimentazioni contrattuali che peraltro, risulta altresì depositato nel caso in esame; sicché l’opposta ha efficacemente provato il suo credito…letto l’art. 648 c.p.c. concede la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo”.
L’ordinanza del Tribunale di Foggia in commento è importante nella misura in cui conferma quello che ormai deve ritenersi un orientamento giurisprudenziale consolidato: se per quanto riguarda i contratti di conto corrente, l’esatto ammontare della pretesa creditoria dipende effettivamente dall’uso flessibile delle somme di denaro da parte del correntista – motivo per il quale è opportuno, in questi casi, il deposito degli estratti conto analitici oltre che del salda conto certificato ai sensi dell’art. 50 TUB -, del tutto diversa è la prova del quantum debeatur in relazione ai contratti di finanziamento.
In quest’ultimo caso, infatti, la somma che il consumatore deve restituire al soggetto erogatore del finanziamento è predeterminata ab origine nel suo esatto ammontare, comprensiva sia dell’importo in linea capitale sia dell’importo a titolo di interessi contrattualmente pattuiti.
In virtù di quanto sopra, ai fini della prova del credito, deve quindi ritenersi sufficiente il deposito del contratto sottoscritto dalle parti e l’allegazione dell’inadempimento della controparte.
Quanto sopra riferito è perfettamente aderente alla ratio dell’art. 2697 c.c., dal momento che spetta al debitore dimostrare l’esistenza di fatti modificativi e/o estintivi dell’obbligazione assunta, non potendosi ritenere in alcun modo sufficiente la generica dichiarazione di nulla dovere in relazione al contratto azionato: aderendo a tale ultima tesi, infatti, vi sarebbe una evidente – ed illegittima – inversione degli oneri probatori, con tutto ciò che ne conseguirebbe in punto di tutela del credito.