14.04.2025 Icon

Prestito personale e prova del credito: per la CdA di Torino è sufficiente il contratto

Nell’ambito dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo in materia bancaria, gli Istituti di Credito spesso devono confrontarsi con l’eccezione di carenza di prova del credito proposta dai consumatori opponenti.

Gli opponenti, difatti, sono soliti muovere contestazioni circa l’irrilevanza della produzione documentale offerta dagli Istituti Bancari e consistente nella allegazione non solo del contratto di finanziamento, ma anche dell’estratto conto certificato ex art 50 TUB e delle intimazioni di pagamento ricevute prima dell’avvio della procedura monitoria.
E ciò in quanto, a detta di questi, l’unica prova rilevante per l’accertamento del credito consisterebbe nella produzione degli estratti conto analitici emessi fin dall’inizio del rapporto contrattuale.

Sennonché, la Corte d’Appello di Torino, chiamata a pronunciarsi sul suddetto motivo di appello con la sentenza n. 319 del 7 aprile 2025, ha potuto fornire l’ennesima censura alla suddetta contestazione, confermando quanto già statuito in primo grado dal Tribunale di Ivrea con sentenza n. 863 del 13 settembre 2023.

Nel giudizio in commento, infatti, viene confermata la natura dirimente della tipologia contrattuale sottesa al giudizio: in punto di prova del credito nei giudizi in cui la pretesa creditoria trae origine da un contratto di prestito personale, a differenza dei contratti di conto corrente, il creditore può limitarsi, ai sensi dell’art. 2697 c.c. ad allegare il contratto di finanziamento azionato e non è necessaria la produzione dell’estratto conto analitico delle partite di dare e avere, essendo già stabilito nel contratto di finanziamento l’andamento negoziale.

Pacifico, dunque, l’allineamento della Corte d’Appello di Torino alla giurisprudenza intervenuta sul tema: “Parimenti infondato il secondo motivo di appello con il quale (omissis) si duole, in sostanza, del fatto che il primo giudice abbia ritenuto provato il credito dell’odierna appellata e abbia respinto le richieste istruttorie di essa attrice in opposizione. Come si è detto, il credito oggetto di causa è afferente un contratto di finanziamento stipulato nel 2016 da (omissis) con […] spa, relativamente al quale non viene contestato l’avvenuto incameramento della somma mutuata da parte dell’odierna appellante. Il contratto in questione è prodotto in atti, così come il piano di ammortamento e l’estratto di saldaconto, e le doglianze afferenti il mancato deposito dell’estratto conto certificato di cui all’art. 50 Tub sono infondate. Ed infatti, come è stato ripetutamente osservato in giurisprudenza, l’onere probatorio gravante sul mutuante prescinde dalla produzione dell’estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 t.u.b, la cui ratio trae origine dalla necessità di ricavare la prova del saldo negativo del conto corrente che la banca intende azionare in via monitoria in danno del correntista, cioè in relazione ad un rapporto che per definizione è “aperto” e suscettibile di variegate vicende negoziali; tali esigenze però non si ravvisano nei contratti di mutuo, che sono contratti reali e che si perfezionano con l’erogazione della somma danaro”.

Il che in materia di credito al consumo è principio che, come comprensibile, semplifica di non poco le dinamiche processuali legate alla legittimità delle pretese di pagamento azionate dagli Istituti Bancari.
In tutti questi casi, infatti, sarà sufficiente produrre in giudizio il contratto di prestito personale/finanziamento e lamentare l’inadempimento del cliente rispetto alle proprie obbligazioni di pagamento.

Autore Laura Bettelle

Associate

Milano

l.bettelle@lascalaw.com

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