Con sentenza n. 836/2024 pubblicata in data 29 luglio 2024, il Tribunale di Reggio Emilia ha chiarito che il rimedio dell’opposizione tardiva previsto dalle Sezioni unite con la sentenza n. 9479 del 6/04/2023 non può essere utilizzato per far valere la vessatorietà/abusività delle clausole conformi al modello ABI di cui al provvedimento di Banca d’Italia n. 55/2005, poiché per dette clausole viene in rilievo unicamente la violazione della normativa anticoncorrenziale
Questo, infatti, è quanto deciso dal Tribunale: “Per condivisibile orientamento della giurisprudenza di merito, infatti, l’inapplicabilità del principio di diritto sopra menzionato deriva dalla circostanza che le clausole asseritamente conformi al modello ABI non possono essere qualificate come “abusive” nell’accezione indicata dalla direttiva 93/13 CEE, venendo in rilievo la violazione della diversa disciplina anticoncorrenziale che trova fondamento nella l. 287/1990 (Trib. di Monza, sentenza, n. 1500 del 3/7/2023)”.
Il che rappresenta la coda di una vicenda giudiziale in cui, in sede di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. instaurata a seguito di rinvio concesso dal Giudice dell’esecuzione in applicazione del principio di diritto delineato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 9479/2023, il consumatore chiedeva l’accertamento dell’abusività della clausola di rinuncia alla decadenza ex art. 1957 c.c.
Più precisamente, l’opponente lamentava la nullità della clausola del contratto di fideiussione omnibus azionato dalla Banca opposta in quanto conforme al modello ABI di cui al provvedimento di banca d’Italia n. 55/2005.
Sennonché, il Tribunale di Reggio Emilia ha rigettato l’opposizione avversaria precisando che la nullità non coincide con vessatorietà.
La ragione: nella fattispecie in esame non può trovare applicazione il principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia nella pronuncia del 17 maggio 2022 e poi ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia Sez. U -, Sent. n. 9479 del 6/4/2023, secondo cui – qualora il titolo esecutivo sia rappresentato da un decreto ingiuntivo non opposto nel quale non è contenuta una specifica motivazione in ordine all’assenza di clausole abusive – la nullità del contratto potrebbe essere fatta valere, anche per la prima volta, in sede esecutiva.
Ne consegue che, le censure relative alla presunta violazione della disciplina anti-concorrenziale avrebbero dovuto, semmai, essere fatte valere mediante opposizione – tempestiva – a decreto ingiuntivo.