01.07.2024 Icon

Natura e funzione del TAEG, la difformità non implica la nullità

Il Tribunale capitolino, con una recentissima ordinanza, ha ripercorso un iter interpretativo ampiamente diffuso nella giurisprudenza di merito in relazione alle caratteristiche del TAEG/ISC, soffermandosi sugli aspetti patologici che potrebbero incidere sulla validità di un contratto di prestito al consumo, come quello dedotto nel caso di specie.

In particolare, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, il debitore aveva contestato una presunta discordanza fra il TAEG convenuto in sede di stipula e quello concretamente applicato, invocando, pertanto, la nullità della pattuizione e la conseguente applicazione dei tassi sostitutivi di cui all’art. 125bis T.U.B.

Sennonché il Giudice, dopo una concisa digressione volta ad illustrare la ratio sottesa al suddetto indice, ha escluso che dalla discrasia invocata dall’opponente possa discendere l’indeterminatezza del contratto.

In particolare, il Tribunale di Roma si è così pronunciato: “l’indirizzo ermeneutico prevalente ritiene che l’ISC non rappresenti una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, svolgendo unicamente una funzione informativa, finalizzata a porre il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi. L’omessa e/o errata indicazione dell’ISC, quindi, non potrebbe comportare una maggiore onerosità del finanziamento (non mettendo in discussione la determinazione delle singole clausole contrattuali che fissano i tassi di interesse e gli altri oneri a carico del mutuatario) e, conseguentemente, non renderebbe applicabile a tale situazione quanto disposto dall’art. 117, comma VI, D. Lgs. n. 385/1993 (cfr. Trib. Roma 19 aprile 2017).

Il Giudice ha, quindi, precisato che il TAEG/ISC assolve ad una funzione meramente illustrativa con riferimento al costo complessivo dell’operazione finanziaria, non rientrando, invece, nel novero di informazioni o dati la cui mancata indicazione è sanzionata con la nullità e la pedissequa sostituzione automatica dei tassi ex art. 117 T.U.B., sulla scorta del principio per cui tale condotta non determina una maggiore onerosità del rapporto di credito.

In parte motiva, il Giudice ha, infine, escluso che la violazione dell’obbligo pubblicitario ipoteticamente posta in essere dalla Banca mediante l’omessa e/o errata indicazione dell’ISC possa incidere sulla validità del contratto, apparendo, tutt’al più, idonea a configurare un’ipotesi di responsabilità risarcitoria in capo all’Istituto di credito.

Rigettate le ulteriori eccezioni sollevate, il Tribunale di Roma ha, infine, confermato la legittimità dell’importo ingiunto nei confronti dell’opponente.

Autore Stefano Zofrea

Associate

Milano

s.zofrea@lascalaw.com

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