La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11174/2024 ha sollevato questione pregiudiziale d’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 05.04.1993 relativa alle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e dell’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Le vicende che hanno portato la Suprema Corte a rimettere la questione dinnanzi alla CGUE prendono le mosse da un contratto preliminare di compravendita concluso tra professionista e consumatore, contenete una clausola compromissoria attivata dalle parti. Avverso tale lodo (pronunciato oltre il termine consentito) è stato promosso appello, ove la promissaria acquirente ha richiesto l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., mentre la promittente venditrice la risoluzione del preliminare per l’inadempimento avversario, con restituzione dell’immobile consegnato anticipatamente, risarcimento danni e trattenuta di quanto versato in acconto a titolo di penale. La Corte ha risolto il preliminare e condannato, da un lato, i promissari acquirenti alla restituzione dell’immobile e, dall’altro, la promittente venditrice a restituire una parte delle somme incamerate a titolo di acconto. Quest’ultima ha proposto ricorso in Cassazione lamentando la riduzione dell’importo a titolo di penale e la Corte, accogliendo tale motivo, ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d’Appello di Bologna. Il giudizio è stato riassunto dinnanzi al Giudice di rinvio e si è concluso con la condanna dei promissari acquirenti al pagamento di un importo a titolo di penale, senza riconoscimento di ulteriori somme. In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto che il giudizio attenesse unicamente alla penale ed al suo importo, considerando che le condizioni per l’applicazione della penale fossero già coperte dal giudicato interno.
Avverso tale sentenza è stato promosso ricorso per cassazione e, con il primo motivo, i promissari acquirenti hanno lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c. in ordine alla clausola vessatoria priva di doppia sottoscrizione. La Corte ha ritenuto che la normativa a tutela del consumatore sia applicabile anche al preliminare di un immobile e, sebbene in materia contrattuale le caparre e le clausole penali non abbiano natura vessatoria, laddove il rapporto sia intrattenuto tra professionista e consumatore esiste una presunzione di vessatorietà. Premesso ciò, la Corte si interroga se sulla nullità della clausola penale – quale questione nuova sollevata dai promissari acquirenti solo in sede di legittimità – si sia formato il giudicato implicito interno, richiamando le 4 sentenze gemelle del 17.05.2022 dalla CGUE ove in caso di intervenuto giudicato, il giudice dell’esecuzione (appello) non può esaminare d’ufficio la natura abusiva delle clausole. Ora, le sentenze della CGUE hanno effetto di ius supervenies e quindi sono immediatamente applicabili nell’ordinamento, sicché, in tema di giudizio di rinvio dovrebbero applicarsi. Tuttavia, nel giudizio di rinvio non è stata messa in questione l’abusività della penale, ma è stato semplicemente rideterminato l’importo della stessa, con la conseguenza che opererebbe la preclusione verso il giudice di legittimità in seguito al giudizio di rinvio.
Alla luce del quadro normativo giurisprudenziale delineato, la Corte di Cassazione ha rimesso la questione interpretativa alla Corte di Giustizia UE, con il seguente quesito:
«se l’art. 6, paragrafo 1, e l’art. 7, paragrafo 1, della Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e l’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea debbano essere interpretati:
- nel senso che ostino all’applicazione dei principi del procedimento giurisdizionale nazionale, in forza dei quali le questioni pregiudiziali, anche in ordine alla nullità del contratto, che non siano state dedotte o rilevate in sede di legittimità, e che siano logicamente incompatibili con la natura del dispositivo cassatorio, non possono essere esaminate nel procedimento di rinvio, né nel corso del controllo di legittimità a cui le parti sottopongono la sentenza del giudice di rinvio;
- anche alla luce della considerazione circa la completa passività imputabile ai consumatori, qualora non abbiano mai contestato la nullità/inefficacia delle clausole abusive, se non con il ricorso per cassazione all’esito del giudizio di rinvio;
- e ciò con particolare riferimento alla rilevazione della natura abusiva di una clausola penale manifestamente eccessiva, di cui sia stata disposta, in sede di legittimità, la rimodulazione della riduzione secondo criteri adeguati (quantum), anche in ragione del mancato rilievo della natura abusiva della clausola a cura dei consumatori (an), se non all’esito della pronuncia adottata in sede di rinvio».
La questione è dunque al vaglio della Corte di Giustizia Europea.