In relazione ai contratti di credito al consumo, com’è noto, l’inserimento della clausola penale ex art. 1382 c.c. ha generato un costante dibattito giurisprudenziale in merito alla sua legittimità.
Ebbene, a tal proposito, occorre richiamare la recentissima sentenza del Tribunale di Castrovillari n. 774/2024 pubblicata il 29.04.24 emessa all’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in cui, stante il perdurante inadempimento dell’opponente, un istituto di credito aveva agito in via monitoria nei suoi confronti, in forza di un contratto di prestito finalizzato concluso nel marzo 2009 e rimasto poi insoluto.
Tra le condizioni pattuite, le parti concordavano che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del cliente, questi avrebbe dovuto pagare alla banca creditrice il residuo capitale in un’unica soluzione, concordando, inoltre, la facoltà per la banca dell’applicazione di una penale pari al 10% sulle rate a scadere, salvo il risarcimento di ulteriori eventuali danni.
Sul punto, la parte debitrice, tra le altre doglianze sollevate con l’atto di citazione in opposizione, formulava l’eccezione di manifesta eccessività della clausola penale, chiedendone la riduzione ai sensi dell’art. 1384 c.c.
Tuttavia, il Tribunale di Castrovillari, con l’emissione della sopra citata sentenza, in pratica accoglieva le difese della parte creditrice, e di conseguenza rigettava anche la predetta eccezione.
Preliminarmente, si osserva in generale che la clausola penale costituisce uno strumento in grado di rafforzare il vincolo negoziale pattuito tra i contrenti per effetto del quale viene predeterminato l’ammontare della sanzione a carico della parte inadempiente.
Ora, nel dettaglio, dopo averne richiamato la sua funzione di predeterminazione del danno che, per l’appunto, consente al concedente di recuperare il capitale nonché di risarcirlo del guadagno che si sarebbe atteso dal contratto, il Tribunale di Castrovillari si è soffermato sul criterio da seguire per adottare una corretta valutazione quantitativa della riduzione richiesta da una delle parti.
Al riguardo, l’autorità giudicante ha affermato che per valutare una manifesta non eccessività della clausola penale “occorre avere riguardo all’interesse del creditore all’adempimento della prestazione, avendo tuttavia presente l’incidenza dell’inadempimento sulla realizzazione dell’interesse del creditore riferita anche al tempo in cui la prestazione doveva essere eseguita”.
Più in particolare, il Giudice ha affermato che il medesimo deve seguire un criterio di tipo oggettivo “ancorato cioè non alla situazione economica soggettiva delle parti, ma alla considerazione del reale interesse del creditore e all’eventuale squilibrio tra le posizioni delle parti stesse”.
Fatte queste doverose premesse, il Tribunale adito ha applicato il suesposto principio al caso concreto, stabilendo, da una parte, che la pattuizione della penale nella misura nel 10% non risulta manifestamente eccessiva “tenuto anche conto del fatto che essa, se certo favorisce il creditore sotto il profilo probatorio, ha per effetto altresì di limitare il danno risarcibile”.
E, dall’altra parte, il Giudice ha altresì escluso la riduzione della clausola richiesta dalla parte opponente in ragione dell’analisi dei costi che la società opposta ha addebitato all’attrice a seguito del suo inadempimento nel caso concreto.
Segnatamente, nella vicenda in esame, il prestito pari ad €.15.200,00 doveva essere restituito in 60 rate mensili pari ad €.297,5 circa per un importo complessivo di €.17.850,00.
Sicché, a fronte dell’avvenuto pagamento di sole 25 rate su un totale di 60 rate è stata richiesta all’attrice soltanto la restituzione di €.10.823,30 euro, di cui €.810,00 a titolo di penale, e cioè un importo pari al 10% sulle rate a scadere, come risulta dall’estratto conto prodotto dalla banca convenuta.
Somma che, in altri termini, è stata valutata congrua dal Giudice adito.
Alla stregua di tale ragionamento, pertanto il Tribunale ha rigettato l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo opposto e condannando gli opponenti al pagamento delle spese legali.