È onere del correntista dimostrare l’asserita illegittimità delle clausole negoziali contestate.
Nel caso in esame, l’attore aveva esercitato un’azione di accertamento negativo in relazione al contratto di conto corrente intrattenuto con la Banca convenuta, eccependo alcune illegittimità da parte dell’istituto di credito nella tenuta del rapporto.
Individuata la natura delle azioni esperite, il Tribunale ha, quindi, ritenuto indispensabile comprendere la ripartizione degli oneri probatori.
Sul punto, il Giudice ha ricordato che l’onere della prova, gravante su chi intende far valere in giudizio un diritto, non risulta modificato neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, seppure – in tal caso – possa essere fornito anche mediante presunzioni.
Il regime dell’onere della prova va valutato diversamente solo nel caso in cui l’attore eccepisca, sin dall’atto introduttivo, il difetto della forma scritta dei contratti di conto corrente.
In tale ipotesi, infatti, “qualora il correntista eccepisca, sin da subito, l’inesistenza del contratto in forma scritta, ricade sull’istituto di credito convenuto l’onere di produrre in giudizio il contratto dimostrando l’infondatezza della doglianza attorea. Né si potrebbe logicamente pervenire a un diverso esito, ossia quello di far gravare sull’attore l’onere della prova (già di dubbia configurabilità concettuale) dell’inesistenza del contratto scritto”.
Nel caso di specie, parte attrice, pur avendo affermato l’inesistenza del contratto, tuttavia aveva nel contempo eccepito “in caso di produzione del relativo contratto, la nullità delle clausole contrattuali da cui emergesse una pattuizione della stessa”. In altre parole, l’attore non aveva espressamente negato di aver mai stipulato il contratto in forma scritta, né aveva escluso categoricamente l’esistenza del documento negoziale, avendo sollevato l’eccezione in forma dubitativa e ipotetica.
Stante anche la mancata indicazione della data di apertura del conto, comunque risalente nel tempo, il Tribunale di Patti ha dunque ritenuto che l’onere probatorio gravasse sul correntista e che la Banca non fosse neppure tenuta a conservare il documento contrattuale, ultradecennale.
Infatti: “Non è stata, neppure, allegata la data in cui venne stipulato tale contratto ma, di certo, essa risulta anteriore al 30-11-2005 in considerazione dell’epoca del primo estratto conto prodotto (…). In estrema sintesi, avuto riguardo all’incerta data di genesi del rapporto che, comunque, risulta anteriore al 30 novembre 2005, mentre il presente giudizio è stato instaurato con citazione notificata il 22-03-2017, può affermarsi che, nella specie, non sussiste(va) l’obbligo dell’istituto di credito di conservare la documentazione relativa al contratto di conto corrente, dal momento che lo stesso, oltre a non estendersi alle operazioni compiute nel periodo anteriore agli ultimi dieci anni, ai sensi dell’art. 119 del D.Lgs. n. 385 del 1993, non esclude l’operatività del generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei propri diritti, il quale, però, gravando in modo indifferenziato su tutte le parti del rapporto, non può essere fatto valere, come pretenderebbe l’attore, al fine di trasferire sulla controparte l’onere di fornire la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della propria pretesa. Ancora non può sottacersi che lo stesso XXX – che pure deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda – prima ancora che ignorare se il rapporto sia sorto per effetto di una pattuizione scritta o meno, formula delle contestazioni che derivano dalla futura condotta della parte convenuta”.
In conclusione, il Tribunale ha evidenziato che l’attore non aveva adempiuto al proprio onere probatorio, in difetto della produzione di copia del contratto ovvero della dimostrazione, con altri mezzi di prova, dell’esistenza e del contenuto delle clausole contrattuali asseritamente nulle.
Per tale ragione, il Giudice ha rigettato integralmente le domande del correntista.