02.07.2024 Icon

Piena validità probatoria del saldaconto in assenza di specifiche contestazioni

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12818 del 10/05/2024, riportandosi ai principi già espressi dalla precedente giurisprudenza di legittimità, ha ribadito che il saldaconto ex art. 50 TUB ben può assolvere all’onere di provare l’ammontare del credito nel processo a cognizione piena introdotto con l’opposizione ex art. 645 c.p.c., nel caso in cui il fideiussore non abbia contestato in modo specifico la conformità dello stesso alle scritture contabili della banca nonché avuto riguardo al suo complessivo comportamento processuale.

Nel caso di specie, i fideiussori proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Prato, eccependo, in particolare, che l’Istituto Bancario non aveva fornito alcuna prova dell’esistenza del credito, avendo prodotto esclusivamente il saldaconto ex art. 50 TUB.

Il Tribunale di Prato, con sentenza n. 794/2016, rigettava l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo. Avverso tale pronuncia, due dei garanti interponevano gravame innanzi alla Corte di Appello di Firenze, la quale con la sentenza n. 2267 del 23 novembre 2021, confermava in toto la decisione impugnata, respingendo tutti i motivi di appello.

I fideiussori ricorrevano, dunque, avanti la Cassazione e, nello specifico, si dolevano che il giudice del gravame avesse erroneamente affermato che, anche nella fase di cognizione, il saldaconto ex art. 50 del T.U.B. sia sufficiente a provare il credito della banca in presenza di espressa contestazione del relativo ammontare.

La Corte di legittimità, tuttavia, ha ritenuto assolutamente corretta la valutazione operata dalla corte territoriale, circa l’idoneità probatoria della certificazione ex art. 50 T.U.B. (c.d. saldaconto), a dimostrare la consistenza del credito azionato.

A tal proposito, la Suprema Corte ha condiviso il richiamo operato nella sentenza impugnata a precedenti di legittimità, nello specifico alle sentenze della Cassazione n. 279/2019e n. 25857/2011,ribadendo che “il saldaconto -il quale nella fase monitoria è prova idonea ad ottenere l’emissione dell’ingiunzione di pagamento- ben può assolvere all’onere di provare l’ammontare del credito nel processo a cognizione piena introdotto con l’opposizione ex art. 645 c.p.c. allorquando il fideiussore non abbia in modo specifico contestato la conformità di detto saldaconto alle scritture contabili della banca, limitandosi a ritenerlo insufficiente a fornire un quadro completo delle sue singole voci, nonché avuto riguardo al suo complessivo comportamento processuale”.

A parere della Corte di Cassazione, tale idoneità, nel caso di specie, “è ancor più evidente in presenza di clausola, contenuta nel contratto di conto corrente, con la quale il cliente riconosca che i libri e le altre scritture contabili della banca facciano piena prova nei suoi confronti, trattandosi di clausola immune da nullità (v. Cass. civ., Sez. I, 10 marzo 2022, n. 7872)”.

Pertanto, la Suprema Corte ha rilevato che “in tale contesto, la corte d’appello, con motivazione adeguata e in linea al suddetto orientamento, ha indicato le ragioni del proprio convincimento, fondate sulle prove acquisite agli atti, riguardanti: da un lato, la genericità delle obiezioni mosse dai fideiussori al saldaconto, avendo meramente asserito la sua insufficienza a provare il credito certificato nel saldo finale; per altro verso, l’avviso pubblicato in data 6 gennaio 2017 e la clausola contenuta nell’art. 8 del documento di sintesi del contratto di conto corrente del 19 febbraio 2004, secondo cui “i libri e le scritture contabili fanno prova nei confronti del correntista”; da ulteriore lato, la condotta processuale dei fideiussori, arrestatasi appunto ad una sommaria eccezione sulla debenza dell’importo finanziato (v. pp. 26 e 28 ricorso principale: “gli importi esposti come dovuti dalla banca non corrispondono alle somme effettivamente dovute”; nonché p. 13 sentenza impugnata n. 2267/2021)”. Per i motivi suesposti, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della parte controricorrente, nonché ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall‘art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis.

Autore Mariano Cusano

Associate

Milano

m.cusano@lascalaw.com

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