Il limite temporale del decennio deve operare anche in relazione all’obbligo di conservazione e consegna del contratto.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Milano, che ha motivato come segue la propria decisione.
Secondo il Giudice, il citato obbligo non è riconducibile al generale principio di buona fede e correttezza di cui all’art. 1175 c.c., che, altrimenti, dovrebbe sussistere in relazione ad ogni tipo di contratto (non solamente con riguardo a quelli bancari) ed in capo ad entrambe le parti in condizioni di reciprocità.
L’obbligo di custodia e consegna della documentazione, invece, deriva dall’art. 119 TUB che prevede, in virtù del particolare rapporto banca – cliente, che quest’ultimo abbia diritto di ottenere copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ritenendo che anche il contratto iniziale possa essere incluso nelle menzionate operazioni.
“A ciò consegue che lo stesso soggiace, anche con riferimento al contratto di apertura del conto, al limite temporale di dieci anni previsto dalla medesima norma che lo impone la quale – costituendo norma eccezionale in quanto derogatoria dei principi generali in materia di riparto dell’onere probatorio – non può essere applicata oltre quanto espressamente prevede.
Neppure risulta applicabile al caso di specie l’art. 117 Tub il quale si limita a stabilire l’obbligo in capo alla banca di consegna di una copia del contratto al cliente al momento della stipulazione, senza prevedere alcun obbligo di conservazione successivo”.
Nel caso in esame, il cliente aveva formulato istanza ex art. 119 TUB per ottenere copia del contratto oltre dieci anni dopo la sottoscrizione del medesimo e, nel giudizio successivamente incardinato, non aveva prodotto copia del documento contrattuale.
Tale comportamento processuale ha impedito al Tribunale di verificare la fondatezza delle contestazioni inerenti all’omessa pattuizione degli interessi ultralegali e delle spese, nonché all’omessa pattuizione della pari periodicità di liquidazione degli interessi attivi e di quelli passivi.
Infatti, “l’assenza di riscontro documentale riguardo alla presenza di una clausola siffatta, alla sua cronologia ed al suo contenuto, preclude la valutazione della prassi seguita dalla banca anatocistica pretesamente illegittima. Né può darsi ingresso all’argomento secondo cui tale prassi potrebbe essere dimostrata pur in assenza di contratto a mezzo CTU in quanto illegittima in sé. (…) L’evidenziata carenza probatoria ha reso inaccoglibile l’istanza di c.t.u. – reiteratamente formulata anche in sede di scritti conclusivi – non potendosi, come preteso, utilizzare tale strumento per colmare le gravi lacune presenti”.
Per tutti i motivi che precedono, di conseguenza, le domande del correntista sono state integralmente rigettate.