Con una recente sentenza si è tornati a parlare di accollo; in particolare, ci si è chiesti se il comportamento per facta concludentia del creditore nei confronti dell’accollante possa ritenersi adesione “irrevocabile” alla convenzione stipulata tra debitore originario e accollante, qualificando – de facto – l’accollo interno come accollo esterno e modificando la sua struttura intrinseca.
Nel caso in commento, in un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, veniva eccepito che – in virtù dell’intervenuta sentenza di separazione – tutti i debiti contratti in corso di matrimonio erano stati accollati in capo all’ex coniuge e, in particolare, che la mancata contestazione di tale accollo interno da parte della creditrice valesse quale tacita liberazione della debitrice originaria.
Tuttavia, l’accollo interno – figura non esplicitamente regolata dall’art. 1273 c.c., ma pacificamente riconosciuta in virtù dell’autonomia contrattuale sancita dall’art. 1322 c.c. – non attribuisce alcun diritto al creditore né modifica l’originaria obbligazione.
Nell’ipotesi di accollo interno, quindi, non si configura una modificazione soggettiva dell’originaria obbligazione, ma soltanto l’assunzione del debito in senso puramente economico, ossia degli effetti economici del debito altrui.
E la giurisprudenza è costante nell’affermare questo principio.
Infatti, il Giudice di prime cure ha osservato che «la società opposta [ndr. la creditrice] non è parte dell’accordo interno intervenuto tra [ndr. i coniugi], sicchè gli effetti del medesimo non possono prodursi nei suoi confronti». E ancora, «va rammentato che la liberazione del debitore originario è subordinata ad una espressa dichiarazione del creditore, non potendo desumersi da un comportamento tacito di quest’ultimo. Nello specifico, l’adesione del creditore alla convenzione di accollo non produce, di per sé sola, la liberazione del debitore accollato, essendo necessario, a tal fine, ai sensi dell’art. 1273, co. 2, c.c. una espressa previsione o dichiarazione del creditore medesimo, restando altrimenti il debitore originario obbligato in solido con il terzo» (Sent. n. 3791/2024, pubbl. 16/07/2024, Trib. Salerno).
Tale recentissima sentenza è un’ulteriore conferma di quanto già affermato dalla giurisprudenza. In particolare:
- Cass. Civ., Sez. II, 21 agosto 2020, n. 17596: “l’accollo interno non muta i soggetti del rapporto obbligatorio e, dunque, nei confronti del creditore rimane obbligato il solo debitore originario, mentre l’assuntore è soltanto tenuto a rilevare l’accollato del peso economico del debito”.
- Cass. Civ., n. 4383 del 24.02.2014: “nell’ipotesi di accollo cd. semplice o interno, […], il negozio non importa una modificazione soggettiva dell’originaria obbligazione, e determina l’assunzione del debito in senso puramente economico, sicché si traduce nell’assunzione di un’obbligazione, per sua natura riconducibile ai soli rapporti tra le parti del negozio, avente a oggetto semplicemente l’assunzione (non del debito altrui ma) degli effetti economici del debito altrui […]”.
Il cd. accollo interno, dunque, non può incidere sulla posizione del creditore, per definizione escluso da tale contratto a favore di terzo. Pertanto, nemmeno fatti concludenti del creditore sono idonei a liberare il debitore originario, diversamente andando ad incidere sulla struttura dell’accollo medesimo.
Affinché l’accollo abbia effetti anche nei confronti del creditore – e sia per esso «irrevocabile» – è necessaria un’adesione dello stesso all’accordo, come da costante e granitica giurisprudenza; adesione che può essere, beninteso, spontanea ovvero prevista quale condizione dell’accollo medesimo.