La Corte d’Appello di Venezia interviene nella spinosa questione dell’applicazione degli interessi ex art. 1284, comma 4, cpc rispetto alla richiesta di ripetizione di somme derivanti da indebito oggettivo nel contenzioso bancario.
Con la recente sentenza n. 232/2022 del 1/02/2023 la Corte d’Appello di Venezia ha ritenuto infondato il motivo di impugnazione dell’appellante nel sostenere che sul complessivo credito restitutorio gli interessi andassero calcolati ai sensi dell’art. 1284, 4° comma, cpc.
La Corte ha infatti ritenuto che tale norma trovi applicazione solo per i crediti di natura contrattuale, e non anche per quelli sorti ex lege, quale il credito derivante dalla ripetizione di un indebito oggettivo.
Tale previsione sarebbe riscontrabile dall’espresso richiamo dell’articolo in questione alla disciplina delle “transazioni commerciali”, che per l’appunto concernono i crediti che hanno fonte nel contratto.
Solo con riferimento ai crediti contrattuali può infatti estendersi la ratio della disciplina speciale, volta a contrastare, con la mora automatica e l’elevato saggio di interesse, i ritardi nei pagamenti, in considerazione del pregiudizio arrecato al sistema economico dalla prassi, invalsa tra le imprese, di ritardare l’adempimento per trattenere e beneficiare della liquidità.
La sentenza in esame si pone in continuità con una altrettanto recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 36595 del 14/12/2022, secondo la quale “Gli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002 svolgono, come tutti gli interessi che appartengono a tale categoria, una funzione deterrente e risarcitoria nei confronti del debitore inadempiente in relazione ad una predeterminata transazione commerciale caratterizzata dal mancato pagamento del corrispettivo pattuito. La loro finalità e la loro stessa peculiare disciplina (automaticità, termine di decorrenza legato tendenzialmente alla scadenza dell’obbligazione, etc.) sono, con evidenza, estranei all’azione di ripetizione dell’indebito, fattispecie diversa che ricorre allorquando un soggetto, sia esso o meno un imprenditore commerciale, esegua un pagamento in difetto di una causa giustificativa e chiami in giudizio l’accipiens per la restituzione di quanto da questi indebitamente percepito (come nel caso di specie, in cui la (…) ha chiesto la ripetizione di quanto indebitamente pagato a titolo di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, somme versate per l’acquisto di strumenti finanziari derivati affetti da nullità). Ne’ la circostanza che entrambe le parti dell’azione di ripetizione dell’indebito possano eventualmente appartenere alla categoria degli imprenditori commerciali (uno dei requisiti previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 2) costituisce un elemento sufficiente, in difetto degli altri, per ritenere comunque applicabile la normativa di cui al presente motivo.”.