Nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto una domanda di ripetizione formulata da un correntista nei confronti della propria banca, il Tribunale di Campobasso ha avuto modo di affrontare la questione dell’onere della prova e di ricordare i principi dettatati dalla giurisprudenza maggioritaria.
Prima di tutto, nelle azioni proposte dal correntista nei confronti della banca, l’onere grava sul cliente, che è tenuto – in applicazione della regola generale di cui all’art. 2697 c.c. – a provare i fatti costitutivi del proprio diritto mediante la produzione di tutti i contratti contestati (necessari per verificare la sussistenza di tutte le condizioni economiche applicate), nonché degli estratti conto completi relativi al rapporto contrattuale nella sua interezza, indispensabili per la ricostruzione dell’andamento del rapporto. In altre parole, il correntista “è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi, sicché il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute. Tale interpretazione corrisponde all’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità (ex multis, cfr. Cass. 7501/2012, Cass. 24948/2017, Cass. 29050/2019 e Cass. 7895/2020), secondi cui il correntista è onerato della ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, con la conseguenza che non può essere accolta la domanda di restituzione/accertamento se siano incompleti gli estratti conto attestanti le singole rimesse suscettibili di ripetizione”. Il Tribunale, comunque, ricorda che il giudice può integrare l’eventuale prova carente con altri mezzi di prova, a condizione che questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete, tali da giustificare il saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto (cfr. Cassazione n. 38976/2021).
Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, il Tribunale ha ritenuto non soddisfatto l’onere in capo a parte attrice. Il correntista, infatti, aveva depositato estratti conto molto lacunosi, tanto che in relazione al conto corrente contestato, che aveva avuto una durata di ben 24 anni, risultava impossibile ricostruire periodi di parecchi mesi. In un tale contesto, il Giudice ha dichiarato inutilizzabili le scritture di raccordo, in quanto avrebbero portato ad un risultato arbitrario: “Ritiene il giudicante che la parte attrice non abbia adempiuto all’onere della prova su di lei gravante, in quanto la produzione degli estratti conto in atti risulta eccessivamente frammentaria, dunque tale da non consentire la ricostruzione dell’andamento del rapporto della sua interezza con le cd. scritture di raccordo. (…) in ogni caso, una ricostruzione del rapporto dare/avere tra le parti sufficientemente attendibile non può prescindere dall’analisi di dati contabili certi e completi, risultando altrimenti parziale ed approssimativa; si deve concludere per il rigetto della domanda di accertamento formulata dalla (…), per non avere la correntista ottemperato l’onere probatorio posto a suo carico dall’art. 2697 c.c., mancando in atti adeguati supporti documentali, necessari a fornire in giudizio la prova delle proprie ragioni” (Trib. Roma 16092/23).