28.01.2025 Icon

Il piano di rimodulazione e rientro è una transazione

Il Tribunale di Milano, uniformandosi ad analoga giurisprudenza, ha confermato che l’atto di rimodulazione e rientro su affidamento regolamentato in conto corrente costituisce una transazione vera e propria.

Con tale atto le parti precisavano l’esposizione complessiva derivante dagli utilizzi dell’affidamento di cui godeva la correntista e per quell’importo l’impresa si riconosceva debitrice ad ogni effetto di legge.

La Banca acconsentiva, quindi, ad una graduale riduzione dell’esposizione debitoria e di una corrispondente progressiva riduzione dell’affidamento, fino alla sua estinzione. Di contro, la società correntista dichiarava che, con la sottoscrizione dell’atto, rinunciava all’esercizio di qualsiasi eccezione o contestazione anche in sede giudiziale relativa alla tenuta del rapporto di conto corrente derivante dal contratto di affidamento.

Ebbene, secondo il Giudice milanese, tale l’accordo va qualificato come transazione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1965 c.c.  “Con questo accordo infatti la società e la banca non si limitavano ad una mera ricognizione del debito allora esistente ma determinavano, mediante reciproche concessioni, un nuovo regolamento degli interessi avente ad oggetto la progressiva chiusura del rapporto di affidamento regolato sul conto corrente in essere, con rinuncia da parte del correntista ad ogni contestazione natura sull’esposizione indicata a fronte della dilazione concessa dalla banca e la rideterminazione del tasso di interesse sull’esposizione stessa”.

Il Tribunale di Milano ha rigettato anche l’eccezione di nullità dell’atto, perché asseritamente  relativo ad un contratto nullo per difetto di forma scritta e contenente clausole contrarie a norme imperative.

Sul punto si legge in sentenza che “L’accordo qualificato come transazione non può ritenersi nullo. Infatti l’articolo 1972 c.c. distingue tra la transazione relativa a contratto illecito e transazione relativa a contratto nullo, affermando la nullità della prima, anche se le parti abbiano trattato di tale nullità (comma 1), e l’annullabilità, ad istanza della parte che abbia ignorato la causa della nullità, della seconda (comma 2). Poiché, ai sensi dell’articolo 1418, comma 2, c.c., l’illiceità del contratto consegue solo all’illiceità della causa o del motivo comune ad entrambi i contraenti, la dichiarazione di nullità della transazione presuppone un’indagine volta a stabilire se l’assetto di interessi complessivamente programmato dalle parti si ponga in contrasto con norme imperative, soltanto in tal caso operando il divieto di transigere anche se la nullità abbia rappresentato la questione controversa, con il conseguente ripristino della situazione anteriore alla stipulazione del negozio transattivo; l’invalidità di singole clausole contrattuali (a meno che se non siano idonee ad evidenziare l’illiceità della causa o del motivo comune) è, invece, destinata a tradursi nella nullità dell’intero contratto solo ove se ne accerti l’essenzialità rispetto all’assetto di interessi programmato dalle parti e comporta unicamente l’annullabilità della transazione (Cass. n. 23064/2016)”.

Autore Simona Daminelli

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Milano

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