Nei rapporti bancari ed in particolare nei rapporti di conto corrente il diritto di recesso così come il diritto alla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali sono questioni spesso al centro della contesa giudiziaria tra correntista ed istituto di credito.
Nel caso in esame, una società aveva proposto un ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. avanti al Tribunale di Vicenza nei confronti di una banca, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del recesso esercitato dall’istituto di credito dal rapporto di conto corrente acceso dalla società, con conseguente statuizione cautelare di inefficacia dello stesso e mantenimento di tutti i servizi bancari previsti dal contratto in favore della correntista.
La correntista ricorrente lamentava la violazione della normativa comunitaria ed in particolare della Direttiva UE n. 2014/1992, la quale impone alle banche un obbligo a contrarre con gli utenti, inquanto il diritto di recesso sarebbe stato esercitato abusivamente, non avendo la banca esplicitato le ragioni dell’interruzione del rapporto, non sussistendo alcuna situazione debitoria nei confronti della stessa, e precisando, quanto ai profili del periculum in mora, che la sopravvenuta impossibilità di utilizzo del conto corrente avrebbe comportato rilevanti effetti pregiudizievoli all’attività economica esercitata.
La resistente contestava quanto affermato dalla società correntista, rilevando da un lato che il diritto di recesso era stato contrattualmente pattuito dalle parti e dall’altro lato che era stato ampiamente rispettato il preavviso indicato nel contratto di conto corrente. Inoltre, la banca resistente eccepiva il fatto che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova dell’asserito pregiudizio subito a causa del contestato recesso.
Il Tribunale di Vicenza in una lunga e precisa disamina rilevava: “che appare infondato il richiamo alla disciplina comunitaria (Direttiva 2014/92) relativa all’obbligo a contrarre delle banche con gli utenti per l’apertura del conto corrente, posto che la stessa si applica soltanto nei rapporti tra banche e consumatori, e non tra banche e professionisti (secondo la nozione comunitaria), nel cui ambito non sussiste alcun obbligo a contrarre, salva appunto la valutazione dell’illegittimità del recesso da parte del giudice in caso di contrasto con la buona fede secondo i canoni ermeneutici interni all’ordinamento; che nel caso di specie si sia in presenza di un ordinario rapporto di conto corrente, assistito semplicemente dalla convenzione di assegno, su cui confluivano i pagamenti dei clienti dell’agriturismo e attraverso cui venivano effettuati dei prelevamenti di denaro da parte della società, e che presentava un saldo positivo per circa Euro 25,00, al momento dell’estinzione, senza quindi alcun tipo di pregiudizio dato dalla necessità di immediato pagamento alla banca di eventuali scoperti di conto; che ad escludere ulteriormente l’abuso deponga anche il termine di preavviso assegnato dalla banca di due mesi, assolutamente congruo per permettere all’azienda di concludere un contratto con un’altra banca;
che sotto il profilo del periculum in mora la ricorrente non ha allegato di non essere riuscita, nel periodo di tempo tra il recesso e la prima udienza, a concludere un altro contratto di conto corrente, né ha allegato alcun tentativo in tal senso”.
All’esito della disamina, il Tribunale adito accertava il legittimo esercizio del diritto di recesso da parte dell’istituto di credito e per l’effetto rigettava integralmente il ricorso proposto dalla società correntista, condannandola anche a rifondere le spese di lite.