Il Tribunale di Arezzo si è pronunciato in merito all’eccezione sollevata da un debitore nei confronti di un istituto di credito avente ad oggetto la violazione dell’art. 1957 c.c. per scadenza dell’obbligazione principale con l’effetto, a suo dire, di aver reso l’adempimento inesigibile nei suoi confronti.
Il Tribunale, dovendo decidere in merito all’eccezione sollevata, si è, innanzitutto e preliminarmente, interrogato in merito alla natura della obbligazione assunta dal debitore con la sottoscrizione del contratto di mutuo oggetto di causa ed in merito alla conseguente qualifica da attribuire allo stesso.
In particolare, il giudicante si è interrogato se la corretta qualifica da attribuire al debitore fosse quella del coobbligato in solido ovvero quella di fideiussore e, sulla scorta di ciò, ha affermato che: “Parte opponente non ha assunto espressamente la qualifica di garante, pertanto ricorre la necessità di analizzare se abbia assunto veste di beneficiaria del finanziamento e, quindi, sia direttamente tenuta all’adempimento, ai sensi della disciplina di cui agli artt. 1292 e 1294 c.c., a favore della banca mutuante e non piuttosto a titolo di garanzia, per l’ipotesi di inadempimento del debitore principale”.
Ciò che caratterizza l’obbligazione assunta dal fideiussore è che si tratta di una obbligazione accessoria che presuppone sempre una obbligazione principale alla quale è correlata e di cui viene garantito l’adempimento, mentre diversa è l’ipotesi in cui l’obbligazione principale è contratta direttamente da parte di una pluralità di soggetti che assumono tutti la veste di parti contrattuali in forza proprio della natura solidale dell’obbligazione.
Ne consegue che la diversa qualificazione di una obbligazione, contratta quale coobbligato (obbligazione solidale) ovvero quale fideiussore (obbligazione accessoria), comporta delle inevitabili e diverse conseguenze nella fattispecie concreta.
Nel caso di specie, il giudice, dopo attenta disamina ed interpretata la comune volontà delle parti contrattuali, ha ritenuto di qualificare il debitore quale vero e proprio coobbligato in solido con un secondo contraente-mutuatario, affermando che: “Risulta documentalmente provato che l’odierna opponente ha richiesto il finanziamento in parola in qualità di “cointestatario/coobbligato” come risulta dalla lettura modulo contenente la richiesta di mutuo …. Ebbene, l’interpretazione complessiva del contratto – effettuata in conformità ai criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. – induce ritenere che non vi sia differenza tra la posizione dell’odierna opponente rispetto a quella dell’intestatario, dal momento che, avendo l’opponente sottoscritto il contratto come “cointestatario” oltre che come “coobbligato”, non ci sono dubbi che non abbia inteso garantire l’adempimento del debitore principale, ma che si è obbligata, in solido con quest’ultimo, ex artt. 1292 c.c. e seguenti, all’adempimento delle obbligazioni di rimborso derivante dal contratto di finanziamento azionato in qualità di cointestataria.”.
La risoluzione della questione è stata determinante per l’esito del giudizio.
Tanto è vero che il Tribunale ha, infine, rigettato integralmente l’opposizione a decreto ingiuntivo incardinata dal debitore coobbligato e ha confermato il decreto ingiuntivo opposto, condannando, altresì, la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite.
E’ evidente che una diversa interpretazione della comune volontà delle parti contrattuali avrebbe, probabilmente, capovolto l’esito del giudizio in favore del debitore atteso che l’istituto di credito, per poter far valere le proprie pretese nei confronti del fideiussore-opponente, avrebbe dovuto dare prova di aver agito nei confronti del debitore principale garantito nel rispetto delle modalità e delle tempistiche individuate dall’art. 1957 c.c.