La produzione della serie – anche parziale – degli estratti conto è sufficiente a dimostrare l’esistenza e l’ammontare del credito.
Il Tribunale di Perugia è recentemente intervenuto in materia di ripartizione dell’onere probatorio nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, rimarcandone, dapprima, la natura di giudizi di cognizione piena, dedicati all’esame della controversia nel merito.
Da ciò, in coerente applicazione dell’art. 2697 c.c., se è vero che sul creditore grava l’onere di dimostrare precipuamente i fatti fondanti la pretesa azionata, l’opponente – sostanzialmente convenuto – è tenuto a dimostrare gli elementi estintivi, impeditivi o modificativi dell’obbligazione dedotta come inadempiuta (cfr. Cass. S.U. sentenza n. 13533 del 30 ottobre 2001).
Il breve excursus sulla disciplina valida in generale per i rapporti obbligatori si è rivelato utile, nel caso di specie, ad offrire preziose precisazioni in tema di conto corrente.
Ebbene, in tali ipotesi – ove, per via del rapporto continuativo di dare-avere tra le parti, non è consentita la determinazione a priori dell’ammontare del credito – la rimessa solutoria dovuta dal cliente in caso di saldo negativo risulta determinabile solo a posteriori, ossia al momento della chiusura del conto corrente medesimo, “facendo riferimento agli estratti conto e al saldo finale, dai quali è possibile evincere l’effettivo ammontare del credito della banca e che è onere dell’istituto di credito produrre in giudizio, in quanto elementi costitutivi della pretesa”.
Da qui, il Tribunale di Perugia ha colto l’occasione per chiarire – una volta per tutte – che “mentre l’estratto conto certificato [ai sensi dell’art. 50 TUB] riveste efficacia probatoria nel solo procedimento per decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dall’istituto, l’estratto conto, trascorso il termine di 60 giorni dalla comunicazione al correntista ex art. 119, co. 3 del TUB, assume carattere di incontestabilità degli addebiti e degli accrediti … sotto il profilo contabile … ed è, conseguentemente, idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio instaurato dal cliente, sotto il profilo della correttezza del calcolo”.
E’ onere dell’istituto di credito, pertanto, nella fase di merito, provvedere alla produzione degli estratti conto “veri e propri”, ossia “funzionali a certificare le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall’ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate dalla banca”, le cui risultanze – non contestate nei termini già indicati – “devono intendersi approvate dalla correntista e di conseguenza opponibili ai fideiussori”.
Alla luce di quanto premesso, il Giudice ha ritenuto adeguatamente provata la titolarità, l’esistenza e l’entità del credito vantato dalla società ingiungente in qualità di cessionaria di un portafoglio di crediti.
Sebbene l’opposta non avesse prodotto l’intera serie degli estratti conto relativi al rapporto contrattuale, dalla apertura sino al trasferimento a contenzioso del saldo, il Tribunale ha infatti considerato non necessaria la ricostruzione integrale del rapporto dare-avere, giudicata superflua in ragione della mancata contestazione da parte degli opponenti circa la validità dei tassi applicati dall’istituto di credito.
Ne deriva che la banca è onerata di produrre in giudizio gli estratti conti riferiti all’intera durata del conto corrente con esclusivo riferimento a contratti in cui la clausola che pattuisce gli interessi è invalida, ditalché si renda necessaria una “integrale ricostruzione del dare e dell’avere al fine di applicare il tasso legale sostitutivo e determinare così il quantum del credito della banca”.
In definitiva, dunque, la produzione in giudizio degli estratti conto del rapporto – pur parziali, per la ragione appena vista – integra in via dirimente, “anche secondo i canoni del giudizio ordinario”, il corredo documentale versato in atti, risultando sufficiente per provare l’esistenza e l’ammontare del credito.