07.05.2024 Icon

Fideiussione: la nullità non è rilevabile d’ufficio in assenza di una specifica eccezione

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione è tornata ad affermare un principio ormai consolidato da tempo nella giurisprudenza di legittimità, ossia che “la rilevabilità ex officio della nullità contrattuale anche nel giudizio d’impugnazione incontra il proprio limite (non dissimilmente da qualsivoglia altra questione rilevabile d’ufficio) proprio nella maturazione del giudicato interno sulla non-nullità (o validità) del contratto (Cass., Sez. U., 14/10/2013, n. 23235; Cass. 30/08/2019, n. 21906), il quale si forma allorché in primo grado la nullità sia stata eccepita o ne sia stata domandata la declaratoria e la decisione (anche implicita) di rigetto su tale eccezione o su tale domanda (ovvero l’omessa pronuncia su di esse) non abbia formato oggetto di motivo specifico di impugnazione. La necessità della proposizione di specifico motivo di gravame contro la decisione o l’omessa decisione sulla eccezione (oltre che sulla domanda) di nullità, trova conferma nell’inapplicabilità dell’art. 346 cod. proc. civ., il quale attiene alle eccezioni in senso stretto e non a quelle rilevabili d’ufficio”.

Nella fattispecie oggetto d’esame, l’eccezione di nullità delle fideiussioni – come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello – non era stata sollevata né in primo grado né in secondo grado, ma soltanto in fase di precisazione delle conclusioni in sede di appello. Infatti, solo in tale sede i ricorrenti davano prova di aver incardinato apposito giudizio dinanzi al Tribunale di Roma di accertamento della nullità delle fideiussioni contratte dagli appellanti in favore della banca e, per tale ragione, chiedevano la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.. A tale istanza la Banca replicava compiutamente nella propria comparsa conclusionale, sostenendo che sul punto si era formato il giudicato sostanziale sulla pronuncia del giudice di prime cure del Tribunale di Arezzo.

La Corte territoriale, pertanto, respingeva la richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c., ritenendo corretta la tesi della banca in ordine alla formazione di un giudicato interno rispetto a tutte le possibili questioni proponibili in via di azione o eccezione che, sebbene non dedotte specificatamente, costituiscono precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia non più esperibili.

Pertanto, la Suprema Corte ha concluso che, nel caso di specie, la questione relativa alla nullità dei contratti non era stata prospettata dai ricorrenti se non per formulare istanza di sospensione, sulla quale vi era stata discussione tra le parti – che avevano specificamente dedotto al riguardo, anche nei rispettivi atti conclusionali – ed era stata, quindi, debitamente esaminata dal giudice. Ciò ad ulteriore conferma che, in assenza di una specifica eccezione sulla validità delle fideiussioni, alla Corte d’Appello era preclusa la rilevazione officiosa della nullità, in applicazione della regola della formazione progressiva del giudicato.

Dunque, il ricorso è stato rigettato su tale motivo di ricorso, nonché sugli ulteriori motivi presentati dai ricorrenti, con condanna degli stessi al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di Cassazione.

Autore Virginia Moretti

Associate

Milano

v.moretti@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Contratti Bancari ?

Contattaci subito