20.12.2022 Icon

Dipendente infedele e assegni falsificati: la banca risponde?

La Corte d’Appello di Venezia si occupa della condotta del buon banchiere dinanzi al caso di assegni falsificati e illegittimamente incassati dal dipendente.

La sentenza oggi in commento nasce da una vicenda assai singolare, e patrocinata dallo scrivente Studio Legale, che vedeva protagonista una società, il proprio dipendente ed un istituto bancario. 

La società conveniva in giudizio la banca sostenendo che un proprio dipendente, apponendo delle false sottoscrizioni sugli assegni portati all’incasso, si sarebbe appropriato di un importo assai consistente, e chiedeva pertanto alla convenuta la restituzione degli importi illecitamente sottratti, ed il risarcimento del danno, fondando le pretese sulla presunta violazione degli obblighi di vigilanza dell’operatore professionale qualificato.

Approdata nel secondo grado di giudizio, la causa esitava con sentenza di rigetto totale delle domande della società. La Corte veneziana ha infatti confermato la precedente sentenza del Tribunale di Vicenza, ritenendo che nei confronti della Banca non è ravvisabile alcun profilo di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale.

In particolare, è stato ritenuto che la qualità del dipendente, espressamente incaricato dalla società di curare i rapporti con gli istituti di credito con conseguente facoltà di maneggiare denaro e titoli della medesima, nonché la durata del rapporto di lavoro e della condotta posta in essere dal dipendente, che avevano oggettivamente inciso nella fiducia risposta nel soggetto, portano ad escludere che la banca avrebbe dovuto rifiutare, o porre in essere delle attività di contrasto, rispetto alla richiesta di incasso degli assegni, atteso che i medesimi recavano non solo la firma del rappresentante, ma anche i timbri della società.

Inoltre, sebbene le sottoscrizioni apposte sugli assegni siano risultate falsificate a seguito di CTU grafologica, il provvedimento in esame rileva che l’alterazione dei titoli non fosse immediatamente percepibile dal personale della banca, ma si è rivelato tale solo dopo un’indagine tecnica specialistica, e ciò porta ad escludere qualsiasi profilo di responsabilità dell’istituto di credito.

La Corte ha infine evidenziato come la società medesima, una volta ricevuti gli estratti conto periodici, nulla aveva obiettato, né presentando contestazioni, né chiedendo il rimborso, e pertanto nessun fondato sospetto poteva effettivamente insorgere nella banca.

Pregevole, per quanto riguarda l’obbligo delle comunicazioni periodiche della banca e la sua diligenza, è il seguente passaggio: “In ogni caso – e la circostanza ha portata dirimente – inviando alla cliente gli estratti conto (fatto in ordine al quale non vi è contestazione, né in relazione alla posizione di (….), né a quella di (…)), dai quali emergeva in termini chiaramente percepibili che alla società erano stati addebitati sul conto assegni emessi a favore di (…) e da questi incassati, deve ritenersi che le banche abbiano compiutamente assolto all’onere di comunicazione che l’attrice appellante assume invece (erroneamente) che non sia stato adempiuto.”.

Autore Vito Leporale

Associate

Vicenza

v.leporale@lascalaw.com

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