La clausola di pagamento a prima richiesta, inserita in un contratto di fideiussione, “consente al creditore, per evitare la liberazione del fideiussore, di rivolgere le proprie istanze nei confronti di quest’ultimo e non anche nei confronti del debitore principale e, derogando alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di azione giudiziaria), di farlo “a semplice richiesta scritta”.
Questo il recentissimo principio espresso dalla Corte d’Appello di Venezia che ha definito, favorevolmente, un giudizio di gravame promosso da un Istituto di Credito: parte appellante ha adito l’Ill.ma Corte Veneta per ottenere la riforma di una sentenza, sostenendo che la stessa fosse erronea laddove il Giudice di prime cure aveva affermato che il creditore era decaduto dalla garanzia fideiussoria per non avere coltivato le proprie istanze con diligenza.
Il motivo è stato, correttamente, ritenuto fondato.
Nello specifico, ai fini del presente commento, si ritiene utile evidenziare come la Corte d’Appello abbia spostato l’ordinamento giurisprudenziale che ritiene l’invio di una diffida stragiudiziale al fideiussore atto idoneo ad interrompere il decorso del termine ex art. 1957 c.c., non essendo, a riguardo, necessario avviare un’azione giudiziale.
Ed invero: “Il contratto di fideiussione omnibus sottoscritto da […], prevede all’art. 6 che: “I diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta a escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”. Il successivo art. 7 recita testualmente: “Il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio”. Riguardo agli effetti della clausola “di pagamento a prima richiesta” contenuta nell’art. 7, la giurisprudenza di legittimità (a partire da Cass. Sez. Un. 25.10.1979 n. 5572) afferma che l’art 1957 cod. civ., nella parte in cui pone a carico del creditore l’onere di chiedere giudizialmente, nel termine di decadenza di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, e di continuare le sue istanze con diligenza, e con la comminatoria, in caso di inosservanza, dell’estinzione della fideiussione, si applica sia alla fideiussione solidale, vale a dire alla fideiussione assunta senza beneficio di preventiva escussione, prevista come normale dall’art. 1944 primo comma cod. civ, sia alla fideiussione cosiddetta semplice o con beneficio d’escussione, prevista in via eccezionale dal secondo comma dello stesso articolo. Peraltro, l’impedimento di tale effetto estintivo, mentre, nel caso di fideiussione semplice, la quale ha carattere sussidiario, può conseguire soltanto all’azione proposta contro il debitore principale, nel caso della fideiussione solidale consegue tanto all’azione contro il debitore principale, quanto a quella proposta solo nei confronti del fideiussore, tenuto conto che il connotato di accessorietà dell’obbligazione di quest’ultimo non può tradursi anche in un carattere di sussidiarietà, incompatibile con la disciplina della solidarietà passiva, ove ciascuno dei condebitori può essere costretto per l’intero all’adempimento, secondo la scelta del creditore. In caso di fideiussione solidale, pertanto, l’istanza può essere indifferentemente rivolta, a scelta del creditore contro l’uno o contro l’altro dei due condebitori solidali e con effetti ugualmente idonei a impedire l’estinzione della fideiussione. Ora, la clausola di cui all’art. 7 consente al creditore, per evitare la liberazione del fideiussore, di rivolgere le proprie istanze nei confronti di quest’ultimo e non anche nei confronti del debitore principale e, derogando alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di azione giudiziaria), di farlo “a semplice richiesta scritta.”
La Corte ha, dunque, proseguito nel proprio ragionamento logico giuridico ed ha chiaramente, esplicato come l’ordinaria diligenza, non debba necessariamente corrispondere all’avio di azioni giudiziarie: “l’art. 6, correlando l’estinzione della fideiussione non alla scadenza dell’obbligazione principale, ma all’integrale soddisfacimento di questa, ed esentando il creditore dall’onere di escutere il debitore principale, rende inoperante la previsione che pone a carico del creditore l’onere di coltivare con diligenza le istanze proposte contro quest’ultimo. Sicché il tribunale, laddove ha accolto l’opposizione affermando che la banca non aveva assolto tale onere – perché, dopo aver proposto istanza di ammissione al passivo del fallimento della [….] non aveva provveduto all’integrazione documentale richiesta vedendosi rigettata la relativa istanza, e successivamente non aveva presentato opposizione allo stato passivo, quindi non svolgendo alcuna ulteriore attività finalizzata alla tutela del proprio credito – ha disapplicato l’art. 6, ritenendo implicitamente nulla la clausola in oggetto, in contrasto con l’affermazione fatta in precedenza. La clausola di cui all’art. 7, che consente al creditore di evitare che maturi la decadenza di cui all’art. 1957 c.c. mediante la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento al fideiussore entro il termine di decadenza semestrale, rende superflua l’iniziativa giudiziaria che, invece, è ordinariamente necessaria, a norma della citata disposizione, per escludere l’estinzione della garanzia. Ciò comporta che in tale particolare ipotesi di solidarietà passiva, il creditore, che ha la facoltà di rivolgersi per il pagamento all’uno o all’altro dei coobbligati, è esentato al tempo stesso dall’onere di proporre tempestivamente le sue istanze nei confronti del debitore principale e di continuarle con diligenza. D’altro canto, tale clausola non si pone in contrasto con la ratio dell’art. 1957 c.c., giacché il fideiussore viene reso edotto entro il termine semestrale dell’esistenza del debito garantito e del suo inadempimento, potendo così adottare tutte le iniziative ritenute utili a conservare integre le ragioni di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c. verso il debitore principale. Ed in tale ipotesi la clausola di cui all’art. 6, che correla l’estinzione della fideiussione non alla scadenza dell’obbligazione principale, ma all’integrale soddisfacimento di questa, rendendo inoperante la previsione che pone a carico del creditore l’onere di coltivare con diligenza le istanze proposte contro il debitore principale, non può ritenersi nulla.
In conclusione, l’appello è stato integralmente accolto con conseguente riforma della sentenza di primo grado e statuizione sulle spese di lite.