Con la sentenza in commento, in un giudizio di appello incardinato dal nostro Studio, la Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza di primo grado, resa dal Tribunale di Torre Annunziata, criticandone l’errata interpretazione data alla nota sentenza n. 350/2013 della Corte di Cassazione.
Nella fattispecie, condividendo le risultanze della CTP, il Giudice di prime cure aveva ritenuto che, ai fini dell’accertamento della natura usuraria del tasso di interesse pattuito, si dovesse procedere alla sommatoria tra tasso di interesse corrispettivo e tasso di interesse moratorio.
Tuttavia, secondo la Corte d’Appello, il Giudice di primo grado aveva male interpretato la sentenza n.350/2013 della Corte di Cassazione.
Difatti, quest’ultima, si limitava a ribadire che la disciplina relativa al tasso soglia, con le relative sanzioni, riguardava anche gli interessi moratori in sé considerati, ma in tal caso l’eventuale superamento del tasso soglia doveva essere valutato distintamente rispetto agli interessi corrispettivi. Tale conclusione, ricorda la Corte, è stata definitivamente accolta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19597 del 18/9/2020.
La disciplina antiusura, invero, intende sanzionare sia la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto, quale corrispettivo per la concessione del denaro, sia la previsione eccessiva di interessi moratori, che sono comunque convenuti e costituiscono un possibile debito per il finanziato.
Accertato ciò, la Corte d’Appello ha svolto un’ulteriore precisazione, finendo per fare proprie le argomentazioni sostenute nell’ordinanza n. 14214/2022 della Corte di Cassazione (con la quale, si ricorda, è stata esclusa categoricamente la sommatoria del tasso degli interessi corrispettivi e del tasso degli interessi di mora): il tasso corrispettivo ed il tasso moratorio sono alternativi tra loro, perché si riferiscono a basi di calcolo diverse, il primo si calcola sul capitale residuo, il secondo si calcola sulla rata scaduta (cfr. Cass. 17447/2019).
In altre parole, essi si fondano su presupposti antitetici, essendo i tassi corrispettivi previsti per il caso di (e fino al) regolare adempimento del contratto e i moratori per il caso di (e in conseguenza dell’) inadempimento del contratto (ex multis, Cassazione civile sez. I – 05/05/2022, n. 14214; Corte appello sez. I – Milano, 23/01/2023, n. 197; Corte appello sez. V – Roma, 02/02/2023, n. 807).
Pertanto, se gli interessi corrispettivi considerano quale presupposto la puntualità dei pagamenti dovuti e fanno emergere la funzione remuneratoria del costo del denaro, volontariamente concesso alla controparte, quelli moratori incorporano l’incertus an e l’incertus quando del pagamento e acquisiscono una funzione risarcitoria. In ogni caso, tale diversità di funzioni, che consente di qualificare la clausola che impone gli interessi moratori quale clausola penale, non fa venire meno l’esigenza che l’uno e l’altro costo siano soggetti alla disciplina speciale di contrasto all’usura.
È lecito concludere, pertanto, che non può essere accolta la tesi secondo cui l’eventuale usura in un contratto di finanziamento dovrebbe essere apprezzata come un fenomeno unitario, ovverosia ricostruendo un unico tasso di interesse, frutto di una sintesi tra tasso degli interessi corrispettivi e tasso di mora.