11.04.2025 Icon

Anche per la Corte d’appello di Milano il piano di rientro ha natura transattiva

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza in commento, ha rafforzato di recente il proprio orientamento sulla valenza transattiva degli atti di rimodulazione e rientro sottoscritti dal correntista con la Banca.

Nel caso di specie, una società correntista proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano e ne chiedeva la riforma, per aver rigettato le censure riguardanti l’illegittimità della commissione di massimo scoperto, della capitalizzazione degli interessi e l’usurarietà dei tassi applicati ad un rapporto di conto corrente.

La Banca si costituiva in giudizio chiedendo l’integrale rigetto dell’impugnazione avversaria e proponendo, a sua volta, appello incidentale, invocando la parziale riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale non aveva accertato e dichiarato, in via preliminare, l’inammissibilità delle domande ed eccezioni svolte dalla società correntista per intervenuta transazione tra le parti.

Infatti, dalla disamina del provvedimento impugnato si evinceva che il Tribunale di Milano aveva accolto favorevolmente le motivazioni sottostanti all’eccezione di inammissibilità delle pretese della correntista per intervenuta transazione tra le parti, ma aveva omesso di dichiararne espressamente l’inammissibilità.

La Corte d’appello di Milano, investita della questione, ha deciso di confermare il ragionamento seguito implicitamente in primo grado e di qualificare una volta per tutte gli atti di rimodulazione e rientro sottoscritti dalla correntista come vere e proprie transazioni.

Per mezzo dei documenti debitamente sottoscritti negli anni con la Banca, infatti, la correntista aveva espressamente dichiarato di rinunciare alle pretese che tentava di far valere in giudizio, a fronte della concessione, effettuatale dalla Banca, di pagamenti dilazionati per rientrare dall’esposizione debitoria maturata e aveva anche dichiarato la legittimità di tutte le condizioni economiche applicate al rapporto ed agli affidamenti regolati sul medesimo.

La motivazione contenuta in sentenza è molto chiara, al punto che: “l’intervenuta transazione pare inequivocabilmente attestata da una serie di documenti, debitamente sottoscritti in data 1 giugno 2011, 7 gennaio 2013, 9 dicembre 2013, 1° dicembre 2014, 22 dicembre 2015 e 7 dicembre 2016 (cfr. docc. 6, 7, 8, 9, 10 e 11 parte appellata), con i quali la parte appellante rinunciava espressamente ad azionare le pretese fatte valere nel presente giudizio di appello, ove si consideri che, con la sottoscrizione di tali atti di rinegoziazione e di rimodulazione di rientro (nei quali erano, peraltro, puntualmente riportate tutte le condizioni economiche dei rapporti in essere) la parte appellante, a fronte del riconoscimento di pagamenti dilazionati, dichiarava di rinunciare “all’esercizio di qualsiasi eccezione/o contestazione, anche in sede giudiziale” relativa alla tenuta dei rapporti per cui è causa “con particolare ma non esclusivo riferimento alle metodologie di liquidazione e computo degli interessi… a tassi e commissioni di volta in volta applicati dalla banca. Ebbene, come rilevato dalla parte appellatail contenuto di tali accordi, dall’evidente valenza transattiva, impedisce alla parte appellante di far valere le contestazioni relative alla liquidazione degli interessi di cui si duole con il predetto motivo di appello.” Pertanto, confermata la natura transattiva degli atti di rimodulazione e rientro sottoscritti, le domande spiegate dalla società correntista sono state conseguentemente rigettate.

Autore Serena Foiadelli

Associate

Milano

serena.foiadelli@uniqlegal.it

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