Con la Decisione in commento, l’ACF ha ritenuto che la valutazione di adeguatezza effettuata dalla Banca nell’ambito del servizio di ricezione e trasmissione di ordini prestato dall’intermediario su strumenti individuati dal clienti, esonera l’Istituto in caso di perdite subite, qualora il cliente disattenda la valutazione e decida di procedere egualmente.
Nel caso in esame, i ricorrenti avevano acquistato delle obbligazioni Portugal Telecom 5% 2019, per cui lamentavano, dinanzi al Collegio, l’inadeguatezza e la non appropriatezza rispetto al loro livello di conoscenze ed esperienze in materia di investimenti finanziari, nonché rispetto alla loro propensione al rischio, rilevando che la Banca avrebbe al tempo dovuto far compilare e sottoscrivere a ciascuno di essi un separato questionario MiFID, senza dunque procedere ad una profilatura congiunta.
Contestavano, altresì, la carenza di informazioni esaustive sulla natura e la rischiosità dei titoli acquistati, nonché sulla grave situazione finanziaria in cui versava l’emittente dei titoli, sia nella fase genetica dell’investimento, che successivamente.
La Banca-intermediario si costituiva nel giudizio arbitrale, premettendo che l’operazione contestata non era stata oggetto di raccomandazione personalizzata, ma frutto di una scelta autonoma da parte dei ricorrenti nell’ambito del servizio di ricezione e trasmissione di ordini. Precisava, altresì, l’Istituto che, nel caso di specie, era stata comunque effettuata la valutazione di (in)adeguatezza, in quanto prevista dal contratto quadro anche per gli strumenti finanziari individuati autonomamente dai clienti.
In particolare, l’operazione era stata valutata come inadeguata a causa dell’eccessiva concentrazione di titoli dell’emittente nel dossier titoli intestato ai clienti, ma, nonostante il warning, gli stessi avevano comunque inteso dare seguito all’operazione.
Quanto all’attività di profilatura svolta, il resistente precisava di avere dapprima profilato i ricorrenti congiuntamente, attestandone un profilo medio–alto; successivamente veniva riprofilato il solo ricorrente (disponente l’operazione contestata), cui era stato attribuito un profilo dinamico, atteso che lo stesso aveva già investito in titoli altrettanto rischiosi.
La Banca aveva infine allegato di aver fornito al cliente la scheda prodotto, contenente le caratteristiche delle obbligazioni oggetto di doglianza ove emergeva che trattavasi di obbligazioni ad alto rischio, con specifica indicazione anche del rating di tipo speculativo dell’emittente.
La Consob, esaminate le deduzioni e la documentazione delle parti, non ha accolto il ricorso, ritenendolo infondato ed esplicando le ragioni che hanno condotto alla decisione.
In via preliminare, esaminando la documentazione versata in atti, è emerso come l’operazione fosse stata disposta autonomamente dal ricorrente, avvalendosi del servizio di ricezione e trasmissione di ordini prestato dall’intermediario.
Invero, nel modulo d’ordine sottoscritto dal cliente, relativo all’investimento in contestazione, si dava atto che l’operazione era stata “autonomamente richiesta” dal ricorrente.
Dal contratto quadro stipulato tra le parti risultava, inoltre, che la Banca si era assunta contrattualmente l’obbligo di valutare l’adeguatezza delle operazioni di investimento anche quando non prestava attività di tipo consulenziale in relazione allo strumento finanziario prescelto dal cliente.
Precisava la Consob, come nel contratto quadro si dava espressamente atto che in relazione ad operazioni di investimento aventi ad oggetto strumenti finanziari di emittenti non appartenenti al gruppo bancario della banca resistente, la valutazione di adeguatezza effettuata dall’intermediario stesso non aveva un effetto cd. “bloccante”, per cui la scelta di dare comunque seguito all’investimento è stata effettuata autonomamente e deliberatamente dal cliente sebbene l’esito negativo della valutazione.
Ciò è quanto accaduto nel caso di specie: l’Istituto aveva segnalato al cliente che l’operazione richiesta era inadeguata rispetto al suo profilo, a causa dell’eccessiva concentrazione di titoli dell’emittente delle obbligazioni nel dossier a lui intestato.
Siffatta circostanza è stata ritenuta rilevante dal Collegio che ha così desunto l’univoca volontà del cliente di procedere comunque all’operazione, in modo del tutto consapevole e assumendosi tutti i rischi derivanti dall’investimento.
In ordine all’ulteriore contestazione relativa alle modalità di profilatura utilizzate dalla banca, il Collegio, pur rilevando una profilatura congiunta dei clienti (non in linea con gli orientamenti ESMA), ha ritenuto la circostanza priva di rilievo, in quanto non erano emerse incongruenze circa il profilo dei due cointestatari e del singolo cliente che risultava aver disposto poi l’operazione.
Infine, è stata ritenuta infondata anche l’ulteriore contestazione relativa alla mancata idonea informativa sulle caratteristiche e sul livello di rischiosità dei titoli.
L’intermediario, infatti, aveva allegato documentazione idonea a dimostrare come, in occasione dell’ordine contestato, fosse stata consegnata al cliente la scheda prodotto, con ivi chiaramente evidenziata la collocazione del prodotto in una classe di rischio di mercato speculativa, tale da poter comportare la perdita totale del capitale investito.
Secondo il ragionamento del Collegio, quest’ultima circostanza non poteva non rendere del tutto consapevoli i clienti dei potenziali effetti di ricaduta dell’investimento medesimo, specie dopo aver ricevuto il warning di non adeguatezza per eccesso di concentrazione, circostanza che già ex se amplificava il livello di rischiosità complessiva di una tale operatività.
ACF – Decisione n. 5155 del 2 marzo 2022
Federica Mendolia – f.mendolia@lascalaw.com
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