In caso di prova dell’esistenza di un sistema di alert che comporti la visualizzazione da parte del cliente, al momento dell’inserimento dell’ordine, di un messaggio con il quale egli viene avvertito della non appropriatezza dell’operazione, così come della natura complessa del prodotto su cui intende operare, va esclusa ogni responsabilità della banca per violazione di obblighi informativi.
Questo interessante principio è stato espresso dall’Arbitro per le Controversie Finanziarie con la Decisione n. 5490 del 6 giugno scorso.
La controversia sottoposta alla cognizione dell’Arbitro concerneva il tema della responsabilità dell’intermediario nella prestazione dei servizi di investimento, in particolare, sotto il profilo dell’inadempimento degli obblighi di informazione sulle caratteristiche degli strumenti finanziari al momento dell’acquisto, nonché sotto il profilo della non corretta rilevazione del profilo e dell’omessa rilevazione dell’inadeguatezza degli investimenti.
Il ricorrente deduceva che l’intermediario si era reso inadempiente agli obblighi cui era tenuto nella prestazione del servizio di investimento, sostenendo, in primo luogo, di non essere stato correttamente profilato, in quanto l’intermediario lo aveva classificato come un investitore dinamico capace di operare su titoli altamente speculativi, sebbene egli fosse un semplice ex dipendente tecnico amministrativo, il cui titolo di studio è la licenza di scuola media inferiore, e dunque privo di qualsivoglia esperienza e competenza finanziaria.
In secondo luogo, l’intermediario non gli avrebbe reso informazioni su caratteristiche e rischi specifici dello strumento finanziario oggetto del contendere, né sui rischi derivanti dall’effetto leva, oltre a non avere adempiuto gli obblighi informativi più stringenti, in violazione delle disposizioni contenute nella Comunicazione Consob del 2 marzo 2009, n. 9019104, in materia di prodotti illiquidi.
L’investitore chiedeva quindi il risarcimento del danno, quantificato in misura pari alla perdita sofferta.
Il resistente, da parte sua, ha ricostruito la cronologia delle operazioni di investimento eseguite dal ricorrente in piena autonomia, tramite la piattaforma di trading on line, per la quale non viene fornito il servizio di consulenza, precisando che il giudizio di appropriatezza – l’unico dovuto alla luce del servizio prestato (esecuzione di ordini) – era stato espresso sulla base delle risposte rese dal ricorrente in occasione della compilazione del questionario MIFID, che aveva determinato l’attribuzione di un profilo moderato.
Il resistente ha quindi sottolineato di aver segnalato, in occasione di ciascuna operazione, il carattere non appropriato degli investimenti, per difetto di conoscenza degli strumenti finanziari. Al riguardo, sottolinea anche che il giudizio di non appropriatezza era stato comunicato al cliente attraverso un apposito pop up, con il quale veniva richiesto di confermare la volontà di procedere con l’operazione, con rinvio, nella schermata di riepilogo dell’ordine e prima che lo stesso venisse impartito, alla scheda prodotto recante la descrizione di tutte le caratteristiche del titolo.
Il Collegio ha quindi ritenuto che il resistente avesse offerto ampia dimostrazione che le modalità di funzionamento del sistema di internet banking comportassero la visualizzazione da parte del cliente, al momento dell’inserimento dell’ordine, di un messaggio con il quale egli veniva avvertito della non appropriatezza dell’operazione così come della natura complessa del prodotto su cui intende operare, e con il quale viene invitato anche a leggere il contenuto del KID. Tale messaggio è poi strutturato con funzionalità bloccante, sicché il cliente per poter procedere egualmente con l’ordine, in caso di valutazione di non appropriatezza, ha dovuto dichiarare di averne preso visione.
Nel caso di specie l’intermediario ha dunque dimostrato di aver sempre reso al ricorrente la valutazione di non appropriatezza mettendo anche a sua disposizione la scheda informativa sulle caratteristiche del titolo e invitandolo a prenderne visione.
In un simile contesto le perdite sofferte in conseguenza delle operazioni di investimento oggetto del contendere non possono, dunque, che rimanere a carico dell’investitore e non possono essere traslate sull’intermediario, il quale ha assolto i propri obblighi mettendo il cliente in condizione di compiere una scelta consapevole e doverosamente anche avvertendolo del carattere non appropriato dell’investimento rispetto al profilo anche per come risultante dal questionario (una circostanza, questa, che rende allora sostanzialmente irrilevante verificare se quel poi profilo fosse o meno attendibile, ovvero se esso non dovesse essere classificato come maggiormente conservativo).
Aggiunge l’ACF che, nel caso di specie, l’investitore ha eseguito più operazioni sull’ETC sin dal novembre 2018, del tutto trascurando l’elemento, che rappresentava un sicuro dato segnaletico della rischiosità dell’investimento, del progressivo crollo del prezzo, ed anzi eseguendo un acquisto quantitativamente significativo, per n. 2.000 quote, quando il prezzo dello strumento era in caduta libera. Un simile modus procedendi – oltre a denotare una precisa consapevolezza del ricorrente e soprattutto una conoscenza delle tecniche tipiche del trading on line (l’ultimo acquisto appare chiaramente effettuato con la finalità di ‘mediare’ il prezzo di carico dello strumento) – vale in ogni caso anche ad interrompere il nesso causale con eventuali (ma nel caso insussistenti) inadempimenti informativi del resistente.
Il ricorso è stato pertanto respinto.
Arbitro per le Controversie Finanziarie, Decisione, 6 giugno 2022, n. 5490
Antonio Ferraguto – a.ferraguto@lascalaw.com
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