La prova della corretta informativa dell’investitore può essere integrata dal profilo soggettivo del cliente o da altri elementi probatori convergenti ma non può essere desunta soltanto da essi. Incombe infatti sull’intermediario, a fronte della mera allegazione contraria dell’investitore, fornire la prova positiva del comportamento diligente della banca circa l’assolvimento degli obblighi informativi.
Così si è pronunciata la Suprema Corte, con ordinanza n. 25635 del 1° settembre 2023, tornando ad affrontare il tema della ripartizione dell’onere della prova nel contenzioso finanziario.
Con questa decisione, la Corte di cassazione ribadisce quale siano i confini dell’onere della prova che incombe sull’intermediario a fronte di un investimento ritenuto inadeguato al target di investimento del cliente. La Suprema Corte ribadisce innanzitutto che, qualora l’investimento finanziario sia stato giudicato inadeguato dallo stesso intermediario, l’assolvimento degli obblighi informativi non possono essere dimostrati esclusivamentedal profilo soggettivo del cliente o dalla mera sottoscrizione dell’avvenuto avvertimento dell’inadeguatezza delle operazioni in forma scritta, essendo comunque necessaria una ulteriore prova positiva/integrativa del comportamento diligente della banca.
Una simile conclusione deriva, secondo la Cassazione, dalla natura funzionale degli obblighi di forma nei contratti con simmetria informativa tra le parti contraenti. Precisa al riguardo la Corte che l’onere probatorio gravante sulla banca risulta rafforzato dal disposto dell’art. 23, comma 6, TUF, il quale stabilisce che “nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento di servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta” e che tale onere va comunque ricondotto alla più generale nozione di “diligenza qualificata” prevista dagli art. 1176, comma 2, e 2236 c.c., da interpretare in relazione alla natura dell’attività esercitata, in funzione del raggiungimento dello scopo cui essa è rivolta e al rispetto degli obblighi imposti previsti per perseguire gli effetti di tutela perseguiti dalla legge.
In proposito, sottolinea la Suprema Corte, il professionista deve adottare tutte le cautele necessarie per l’esecuzione della prestazione, “secondo il modello di precisione e di abilità tecnica richiesto dal caso concreto” e deve impiegare la perizia e i mezzi tecnici adeguati allo standard professionale della sua categoria.
Tutto ciò, secondo la Corte, incide anche sul regime probatorio, incombendo dunque al professionista dimostrare la particolare difficoltà della prestazione, laddove la norma in questione implica solamente una valutazione della colpa del medesimo in relazione alle circostanze del caso concreto.
Va, infine, precisato che questa pronuncia conferma l’orientamento di legittimità vigente. Tra le altre, va ricordata Cass. 3 agosto 2017, n. 19417, secondo la quale, quando “l’investimento finanziario sia stato qualificato anche dall’intermediario come operazione inadeguata, l’assolvimento degli obblighi informativi cui quest’ultimo è tenuto … non può essere desunta in via esclusiva dal profilo soggettivo del cliente, dal suo rifiuto di fornire indicazioni su di esso o soltanto dalla sottoscrizione dell’avvenuto avvertimento dell’inadeguatezza dell’operazione in forma scritta, essendo necessario che l’intermediario, a fronte della sola allegazione contraria dell’investitore sull’assolvimento degli obblighi informativi, fornisca la prova positiva, con ogni mezzo, del comportamento diligente della banca. Tale prova può essere integrata dal profilo soggettivo del cliente o da altri convergenti elementi probatori ma non può essere desunta soltanto da essi” (in senso ulteriormente conforme, cfr. Cass. 6 giugno 2016, n. 11578, secondo cui “la sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, del reg. Consob n. 11522 del 1998; tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsia si mezzo, di averle specificamente rese”).