Un report targato Abi-Cerved lancia l’allarme sull’imminente crescita nel prossimo biennio del volume dei crediti deteriorati.
Secondo, infatti, le previsioni il tasso di deterioramento del credito alle imprese è destinato a crescere a fine 2023 dell’1,1%, passando così dal 2,2% fatto segnare nel 2022 al 3,3%.
Una vera e propria inversione di rotta determinata, in particolare, dal venir meno degli interventi statali a sostegno dell’economia che avevano caratterizzato il “biennio Covid”.
E anche nel corso del 2024 il trend pare non sia destinato a mutare; tant’è che secondo sempre le stime Abi-Cerved raggiungerà quota 3,8% per poi calare solamente a partire dal 2025.
Pur trattandosi di percentuali ben distanti rispetto a quelle registrare all’indomani della crisi del debito sovrano, allorché il tasso di deterioramento dei crediti alle imprese sfiorò il 7,5%, è possibile affermare che, dopo 18 mesi, la tanto attesa inversione di rotta si sia palesata.
Prova ne è anche l’aumento dei fallimenti, ora liquidazioni giudiziali, che, sebbene continuino ad attestarsi al di sotto delle 2.070 unità, nel corso del secondo trimestre 2023 sono cresciuti dell’1,5% rispetto al medesimo periodo 2022.
Nel nuovo scenario che si sta profilando si inseriscono a pieno titolo le dichiarazioni di Mignanelli (A.D. Cerved) secondo cui sarà sempre più fondamentale “intercettare tempestivamente i segnali di allarme e gestire le situazioni di crisi, avvalendosi di dati, algoritmi predittivi e tecnologia”.
Va da sé che per le imprese, specie le Pmi, sarà sempre più fondamentale attrezzarsi allo scopo di attivarsi tempestivamente a fronte dei primi segnali di crisi.
Sotto questo profilo fanno ben sperare gli ultimi dati di UnionCamere sulla composizione negoziata.
In particolare, la crescita esponenziale dei “percorsi” chiusi positivamente (25% nell’ultimo trimestre) denota una maggiore consapevolezza da parte degli imprenditori in merito alla ratio sottesa all’istituto di recente introduzione.