16.06.2023 Icon

La cessione dei crediti in blocco e le cartolarizzazioni

Al fine di incentivare la concessione di liquidità alle imprese in crisi, il Nuovo Codice della crisi entrato in vigore dal 15 luglio 2022, ha previsto che i crediti derivanti da finanziamenti concessi all’impresa in crisi possano essere soddisfatti ancora prima e indipendentemente da quelli vantati dagli altri creditori (pur se privilegiati).

La portata innovativa di questo intervento sta proprio nel fatto che viene concessa l’opportunità di strutturare operazioni di cartolarizzazione sulla base di un nuovo modello – alternativo rispetto all’emissione dei titoli- che potrebbe soddisfare al meglio le necessità di alcuni investitori.

Ciò nonostante, l’introduzione di tale beneficio non ha avuto l’impatto sperato, considerato che le banche, continuando a percorrere la strada più battuta, hanno proseguito la pulizia dei loro bilanci tramite  operazioni di cessioni in blocco di crediti deteriorati.

Al fine di superare le suddette difficoltà di accesso al credito, il Legislatore è intervenuto anche modificando la legge n 130 del 1999, con l’obbiettivo di incentivare, a beneficio dei debitori ceduti, l’erogazione della liquidità funzionale al recupero del loro equilibrio patrimoniale e finanziario. L’intervento delle società di cartolarizzazione si presenta, quindi, come surrogatorio rispetto a quello delle banche ed è volto a consentire ad imprese in crisi di acquisire finanziamenti.

Si tratta di un unicum nel sistema delle cartolarizzazioni, considerato il generale divieto – ai sensi dell’art 1 comma 1-bis della Legge 130- per le SPV di detenere titoli rappresentativi del capitale sociale dell’impresa, inteso come capitale di rischio.

Tale divieto, ai sensi dell’art 7.1 comma 2 della legge 130, viene meno nelle operazioni di cartolarizzazione nelle quali le SPV, si siano rese cessionarie di crediti deteriorati ceduti da banche.

Condizione prodromica alla concessione di detti finanziamenti è che le società veicolo di cartolarizzazioni acquistino o sottoscrivano strumenti partecipativi nelle società debitrici in procedura per effetto della conversione in equity di parte dei crediti da esse detenuti, se previsto nel relativo piano di risanamento stipulato dal debitore ceduto.

Si parla di operazione cd. Debt to equity swap (i.e. una società scambia le obbligazioni contratte ‘debt’ con le azioni o partecipazioni a capitale di nuova emissione ‘equity’), che consente alle SPV l’esercizio di un controllo effettivo sulla governance tale da incidere sull’andamento gestionale/economico/produttivo dell’impresa debitrice al fine di raggiungere gli obiettivi del piano con il consequenziale ripagamento del debito contratto dalla stessa debitrice nei confronti dell’SPV.

Con la previsione dell’art. 160, comma 1, lett. A) l.f., vediamo come il legislatore abbia voluto introdurre queste importanti novità al fine di disciplinare, esclusivamente in ambito concordatario, tale ipotesi. Lo stesso articolo prevede infatti che “L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito”. Tale operazione può avvenire, di regola, in due modi:

  • mediante il conferimento di parte (o dell’intero) dell’attivo della società in concordato ad una società conferitaria (anche di nuova costituzione) e la successiva assegnazione a titolo di datio in solutum delle partecipazioni di quest’ultima alla SPV (conversione c.d. “indiretta”);
  •  mediante l’aumento di capitale della società in concordato con l’offerta in sottoscrizione delle partecipazioni emesse alla SPV e la conseguente estinzione (parziale o totale) dei relativi crediti (conversione c.d. “diretta”).

Oltre alle garanzie previste per tutte le operazioni di cartolarizzazione, è necessario fare ricorso alle più significative garanzie offerte dalla Legge Fallimentare, e quindi al beneficio della prededuzione. Pertanto, perché i crediti possano essere assistiti dalla prededuzione, i finanziamenti concessi dalla SPV dovrebbero inserirsi nel contesto di (i) procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis Legge Fallimentare o (ii) concordato con continuità aziendale ex articoli 161 e 186-bis Legge Fallimentare.

In conclusione, l’art 7.1 della legge 130 del 1999 pone uno stretto collegamento tra il finanziamento e l’operazione di cartolarizzazione nel suo complesso. Il finanziamento risulta funzionale al rimborso dei crediti che la SPV ha in precedenza acquistato nel contesto dell’operazione. Naturalmente, con riferimento all’estensione dell’ambito di applicazione della Legge 130, la scelta della struttura più adatta andrà effettuata di volta in volta sulla base delle finalità dell’operazione, della tipologia di investitori coinvolti e delle valutazioni di mercato. 

Autore Chiara Santacroce

Milano - UniQLegal

chiara.santacroce@uniqlegal.it

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