WeCrushed è una serie televisiva sulla vera storia della società di coworking newyorkese WeWork e del suo fondatore Adam Neumann, che dal successo che ha cambiato per sempre il real estate e una valutazione di 47 miliardi di dollari nel 2019, si è trasformato in un disastro finanziario.
Fino al 2008 (prima della crisi USA dei sub-prime) un building di proprietà come spazio di lavoro aziendale nelle città più importanti del mondo era il benchmark di prosperità aziendale ed il concetto di coworking era ancora acerbo e non si pensava potesse fruttare così tanto.
Dopo pochi anni, WeWork era l’azienda di coworking che poteva vantare il maggior numero di uffici in tutta Manhattan, un esempio di American Dream che aveva affascinato Wall Street e la Silicon Valley.
WeWork, infatti, cavalcando l’onda della ‘disruptive innovation’ (un movimento nato nella Silicon Valley che mira a distruggere aziende consolidate e modelli industriali a favore di realtà emergenti con una visione di economia più sostenibile e innovativa) e servendosi di una narrativa del marchio in sintonia con un pubblico di professionisti giovani e ambiziosi, diventava in pochi anni una ‘Unicorn Company’ (i.e., startup valutata almeno un miliardo di dollari).
Le campagne di marketing dell’azienda erano spesso non convenzionali e sottolineavano lo spirito imprenditoriale innovativo e disruptive.
La proposta di WeWork era semplice: sottoscrivere contratti di locazione a lungo termine con i proprietari di uffici e poi suddividere gli spazi in unità più piccole da affittare con contratti a breve termine a privati e aziende, fornendo gli spazi di strumenti tecnologici di ultima generazione.
Questi affittuari avrebbero pagato un premio per la maggiore flessibilità e per far parte della comunità globale ‘We’, con il vantaggio di usufruire di servizi accessori come caffè, birra, DJ e spazi contemporanei.
Ma nel 2024 il sogno si è arrestato: il colosso ha dovuto dichiarare bancarotta appellandosi al Chapter 11 (procedura d’insolvenza USA finalizzata alla riorganizzazione o, in caso di esito negativo, al fallimento), segnando la fine di un percorso che, prima della pandemia, sembrava destinato a un successo senza fine.
Adam Neumann è stato costretto a lasciare l’azienda che aveva fondato, additato come il più grande colpevole di questo disastro (resta iconica la sua camminata a Manhattan con lo sguardo smarrito e a piedi scalzi poco dopo l’annuncio del suo addio).
Come piano per uscire dalla crisi, Softbank (il più grande fondo al mondo di investimenti in tecnologia e startup, che attualmente detiene il 70% di WeWork) ha previsto il taglio di 4.000 dipendenti e una concentrazione inferiore rispetto a prima sui mercati USA, Europa e Giappone, accantonando le ambizioni in India, Cina e America Latina.
In realtà, i servizi e gli spazi proposti da WeWork sono aumentati ma le esigenze di mercato sono ancora cambiate: stavolta i contratti di locazione tradizionali a lungo termine devono essere ripensati anche a beneficio dei proprietari di building e datori di lavoro che vanno incontro a periodi di incertezza dei mercati immobiliari commerciali sempre maggiori.
Forse il bene iniziale di WeWork è stato proprio il suo fondatore Adam Neumann, che in realtà si è rivelato un egocentrico con un’anarchia finanziaria estrema, spese folli e, in ultimo, il suo obbiettivo di diventare il ‘Presidente del Mondo’.
Troppo per una società come WeWork che dipendeva da un finanziamento esterno significativo, piuttosto che da un meccanismo virtuoso di profitti che finanziano l’innovazione e la crescita future.
Infine, WeWork ha perso la maggior parte delle entrate a seguito dell’accelerazione del lavoro da casa dopo la pandemia e la concorrenza agguerrita, ed è questo, forse, che alla fine ha portato WeWork al Chapter 11.
Il settore del real estate (come quello tecnologico) cambia forma di continuo: l’aumento di domanda di credenziali ambientali e l’impatto del lavoro da casa stanno trainando il cambiamento, creando nuove sfide (ma anche opportunità e speculazioni) per il settore immobiliare.
Ciò significa che oggi è necessario un approccio altamente selettivo all’investimento nello spazio degli uffici e, a prescindere da dove si troverà WeWork tra anni, il ‘settore uffici’ sarà ancora diverso da come lo conosciamo oggi.
In ogni caso, quello che la storia di WeWork e di Adam Neumann insegna è che i disruptor di oggi possono essere le vittime della disruption di domani.