10.04.2024 Icon

Subentro del Curatore nel preliminare ed effetto purgativo: la parola alle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno affermato che, per il caso di subentro del Curatore nel contratto preliminare di vendita di un immobile da adibire ad abitazione principale del promissario, è da escludere il potere purgativo del Giudice Delegato previsto dalla legge fallimentare in relazione alle vendite endoconcorsuali.

Con la pronuncia in commento le Sezioni Unite hanno accolto il ricorso presentato dal creditore che si era visto rigettare dal Tribunale di Monza il reclamo proposto avverso il decreto con cui il Giudice Delegato aveva disposto la cancellazione dei gravami sussistenti sul bene oggetto di un contratto preliminare di vendita, trascritto in data anteriore al fallimento e che aveva visto il subentro del Curatore sulla base di quanto disposto dalla normativa fallimentare.

Vale la pena, infatti, ricordare come la legge fallimentare, all’art. 72, ultimo comma, preveda una deroga alla potestà del Curatore di sciogliersi dal vincolo, nel caso di preliminare avente ad oggetto un immobile per uso abitativo destinato a costituire abitazione principale ovvero sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente.

Più in particolare nella fattispecie il prezzo dovuto dal socio promissario era già stato interamente versato alla società cooperativa edilizia anteriormente alla sentenza dichiarativa del fallimento di quest’ultima. Di talché l’effetto purgativo previsto dalla medesima normativa, all’art. 108, secondo comma, per le vendite concorsuali poteva pregiudicare ogni possibilità di soddisfacimento del creditore ipotecario (se il promissario avesse versato parzialmente il prezzo prima del fallimento, il creditore ipotecario avrebbe potuto concorrere solo sulla frazione di prezzo dell’immobile pagata al Curatore).

Ebbene le Sezioni Unite hanno risolto una questione molto dibattuta e oggetto di contrasto, affermando come il suddetto subentro del Curatore nel preliminare, effettuato a fronte di un obbligo previsto dalla legge, non possa rientrare nell’ambito dell’attività liquidatoria coattiva che il Curatore è tenuto a compiere nel corso della procedura fallimentare. Ne deriva, pertanto, l’inapplicabilità dell’efficacia purgativa prevista per tale sola attività liquidatoria, di natura esecutiva, procedimentalizzata e competitiva e non per una vendita negoziale cui il Curatore è obbligato a seguito del subentro nella posizione del fallito previsto dalla legge e da cui non può che ricavarsi il prezzo indicato nel preliminare al netto degli acconti versati anteriormente all’apertura della procedura (in alcun modo recuperabili).

Quanto all’esistenza, presunta dal Tribunale di Monza, di una prevalenza della tutela del promissario acquirente rispetto ai diritti del creditore ipotecario, le Sezioni Unite hanno avuto cura di precisare che la normativa ha l’obiettivo di tutelare il promissario rispetto alla sopravvenienza del fallimento e non rispetto alla posizione di terzi titolari di anteriori diritti di prelazione. Ciò atteso che la tutela rispetto al creditore ipotecario non è considerata dalla legge fallimentare, attenendo agli effetti della pubblicità costitutiva che è materia del codice civile e indipendentemente dal fatto che il promittente venditore, poi fallito, si fosse assunto col preliminare l’obbligo di assicurare la liberazione del bene dalle ipoteche.

Tanto più, precisano ulteriormente le Sezioni Unite richiamando diversi precedenti di legittimità, se si considera che anche il privilegio speciale sul bene immobile, che assiste i crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del preliminare trascritto, è collocato in grado inferiore rispetto all’ipoteca iscritta prima della trascrizione del preliminare a garanzia del finanziamento concesso alla società costruttrice.

Infine le Sezioni Unite non hanno ritenuto un elemento di raffronto utile il richiamo all’art. 173 del Codice della Crisi che sul punto, precisa la pronuncia, non ha integrato la disciplina previgente con la previsione del potere purgativo del Giudice Delegato, bensì ha introdotto regole del tutto innovative (più in particolare, l’onere del promissario di conformarsi ad un preciso schema procedimentale e un regime di falcidia degli acconti già versati) che non possono essere considerate ai fini di un’interpretazione evolutiva delle diverse previsioni della legge fallimentare.

In conclusione ormai la questione in oggetto è stata risolta: dal Codice della Crisi con riferimento alle liquidazioni giudiziali e dalle Sezioni Unite con riferimento ai fallimenti. Nel primo caso il creditore ipotecario potrà concorrere sulla metà degli acconti versati prima dell’apertura della liquidazione giudiziale (oltre che sulla frazione di prezzo versata al Curatore); nel secondo caso il medesimo creditore potrà soddisfare il proprio credito – al netto di quanto eventualmente incassato quale prezzo pagato al Curatore – potendo far valere nei confronti del promissario l’ipoteca a suo tempo iscritta. Due soluzioni, dunque, differenti e che vedono oggi la posizione del creditore ipotecario maggiormente tutelata nell’ambito della disciplina previgente. 

Autore Roberta Maria Pagani

Managing Associate

Milano

r.pagani@lascalaw.com

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