La decisione in commento rappresenta un nuovo episodio di una quaestio iuris particolarmente complessa e ampiamente dibattuta dalla giurisprudenza di merito.
Come potrete ricordare, mesi fa avevamo commentato una sentenza del Tribunale di Bari con la quale è stata dichiarata l’apertura della liquidazione giudiziale della società convenuta, a seguito del naufragio della composizione negoziata e della conseguente revoca della misure protettive.
Nel caso precedentemente esaminato, il Giudice aveva fissato una nuova udienza di comparizione delle parti ma, all’esito della stessa, non aveva concesso un ulteriore rinvio nonostante l’istanza formulata dalla società; nella sentenza il tribunale aveva rilevato l’illegittimità della richiesta di rinvio di udienza promossa dalla società resistente per i seguenti motivi: “L’art. 40 comma 10 CCII impone, a pena di decadenza, la proposizione della domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi entro la prima udienza del procedimento per la liquidazione giudiziale, oramai spirato;
[…]”.
Il Collegio barese rimase correttamente ancorato al tenore normativo dell’art. 40, comma 10, C.C.I.I., ritenendo di non dover attendere ulteriore tempo per decidere in merito alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, in quanto non più presenti vincoli di natura legislativa.
In questo nuovo episodio, il Tribunale di Verona è andato in controtendenza rispetto ai colleghi pugliesi.
Nonostante le situazioni fattuali non siano esattamente le stesse, il trait d’union delle due cause è rappresentato dalla pendenza di un Procedimento Unitario volto all’apertura della liquidazione giudiziale e dalla necessità della società convenuta di avvalersi degli strumenti alternativi di regolazione della crisi.
Nel caso di specie, la società ha provveduto a depositare entro la prima udienza apposita domanda prenotativa di un progetto di piano di risanamento ex art. 44 C.C.I.I., così come previsto dall’art. 40 C.C.I.I. e confermato dalla giurisprudenza di merito.
La peculiarità della decisione in esame è rappresentata dal fatto che il Tribunale di Verona ha così sancito: “- considerato, in forza della disciplina transitoria contenuta nell’art. 56, comma 4, D.Lgs. n. 136/24, la modifica è applicabile anche ai procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore del suddetto decreto, e quindi anche al procedimento in esame; - considerato, peraltro, che la nuova disciplina ha reso più strutturato il requisito dei “giustificati motivi” in presenza dei quali la proroga può essere concessa, prescrivendo il deposito di un “progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza”; - considerato che, in difetto di indicazioni più specifiche, il parametro per la determinazione del contenuto di questo progetto può essere individuato nel “progetto di piano di risanamento” previsto dell’art. 17, comma 3, lett. b CCII, con gli adattamenti resi necessari dal diverso contesto procedimentale e dalla presenza degli obblighi informativi previsti dall’art. 44, comma 2, lett. c CCII; PQM dispone che la ricorrente provveda, entro il 21.10.24, ad integrare il progetto allegato all’istanza di proroga, con indicazioni corrispondenti a quelle previste dai paragrafi 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 2.8, 3.5, 3.7 della check list approvata con DM 21.3.23”.
Il Collegio ha dunque ritenuto che nella fase cd. “prenotativa”, posto che trattasi di un procedimento a tutti gli effetti in corso, non può non trovare applicazione il novellato Decreto “Correttivo-ter” (nello specifico l’art. 56, comma 4, D.Lgs. n. 136/24) chiarendo che può indubbiamente essere concessa la proroga del termine per la presentazione della domanda “piena”, anche in pendenza della domanda di apertura della liquidazione giudiziale, eventualità non prevista dal Codice prima della pubblicazione dell’ultimo decreto correttivo.
In conclusione, è bene ricordare che, per non incorrere nella decadenza prevista dall’art. 40, comma 10, C.C.I.I., è necessario che l’imprenditore provveda quantomeno depositare una richiesta di accesso a uno strumento di regolazione della crisi “in bianco”, avvalendosi piuttosto in un secondo momento di una proroga del termine per integrare la proposta come previsto dal Codice della Crisi.