Come noto, il terzo correttivo al Codice della Crisi ha apportato importanti modifiche in ambito di operatività delle misure protettive.
Tra le principali novità si annovera l’introduzione di misure di protezione cd. “atipiche”, e dunque, non predeterminate nei loro contenuti dal Legislatore.
L’effettiva differenza tra le misure tipiche e quelle atipiche si rinviene nella possibilità, per l’imprenditore, di richiedere le prime direttamente nel proprio ricorso, mentre, per quanto riguarda le seconde, risulterebbe necessario un vaglio giudiziale preventivo, per garantire il più equilibrato contemperamento degli interessi dell’imprenditore richiedente e di quelli del ceto creditorio.
Per i meno attenti è vicino il rischio di cadere nell’assimilazione delle misure protettive atipiche con le misure cautelari. Alla stregua di queste ultime, difatti, le misure protettive atipiche devono essere non solo richieste ma anche concesse. Ne deriva la configurabilità, in capo all’istante, di un onere probatorio della specifica misura richiesta.
Sul punto, con ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art 363 bis c.p.c. del 03.12.2024, sono state rimesse dal Tribunale di Brindisi alle Sezioni Unite le seguenti questioni:
«1. Quale natura giuridica abbiano le misure protettive (tipiche e tipiche) e, in particolare, se le stesse:
a) siano ascrivibili, in alternativa, al genus delle misure cautelari atipiche ex 700 cpc, o siano, comunque, accomunabili alla species delle misure d’urgenza endoconcorsuali, connotate dalla c.d. strumentalità attenuata, con conseguente necessità di accertare in relazione ad esse il duplice requisito del fumus boni iuris e del periculum in mora;
b) abbiano natura non cautelare, con conseguente esenzione dal suddetto vaglio;
2. in ogni caso, quali debbano ritenersi i presupposti applicativi per la concessione delle misure protettive (tipiche e tipiche);
3. Se la sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati debba essere qualificata quale misura protettiva atipica o quale misura cautelare, con conseguente riconducibilità del provvedimento suddetto al novero delle une o delle altre e quali ne siano i presupposti applicativi;
4. Se l’impresa istante possa o meno beneficiare di una misura cautelare dello stesso contenuto di quella atipica richiesta, conseguita e che sia già scaduta. Ciò, in considerazione del limite, perentorio e improrogabile, di 12 mesi cui soggiacciono le (sole) misure protettive».
Nella fattispecie concreta, la società istante aveva attivato un procedimento volontario di composizione negoziata – nella specie un concordato preventivo ai sensi degli artt. 40 e 44 comma 1, CCII – riservandosi di depositare la proposta, il piano e la documentazione di cui all’art. 39 CCII entro il termine fissato dal Tribunale.
Avendo la società chiesto una proroga di sessanta giorni del termine di cui all’art. 44, co.1, lett. a), CCII – richiesta peraltro accolta positivamente dal Tribunale – la stessa aveva poi presentato un’istanza della sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati, qualificandola quale misura protettiva atipica.
Ora, in diniego della qualificabilità di tale istanza di tutela quale misura protettiva atipica, in alternativa, secondo il Tribunale Pugliese sarebbe stato possibile argomentare la riconducibilità della suddetta richiesta alle misure cautelari.
Di certo, la pronuncia del Tribunale di Brindisi del 3 dicembre u.s., unitamente agli ultimi interventi normativi, hanno evidenziato dubbi ed incertezze in relazione alla natura e all’ambito di applicabilità delle misure protettive, motivo per cui riteniamo che il rinvio alle Sezioni Unite sia una misura certamente necessaria ed attesa.