Il Tribunale di Pescara nel dichiarare l’apertura di una liquidazione controllata si è soffermato sui requisiti di accesso a predetta procedura, non ritenendo rilevanti alla luce della normativa introdotta dal Codice della Crisi le cause ed i motivi del sovraindebitamento, la diligenza del debitore nell’assumere le obbligazioni e le ragioni che hanno impedito l’adempimento, nonché l’assenza di atti in frode ai creditori nell’ultimo quinquennio.
Nel caso di specie, i ricorrenti (padre e figli) in virtù di uno stato di sovraindebitamento familiare hanno depositato un ricorso congiunto per l’apertura della liquidazione controllata, stante l’indebitamento derivante da un’origine comune, costituito dallo stato di difficoltà economico-finanziaria incontrato da tutte le aziende della famiglia di cui erano soci illimitatamente responsabili, causato dalla notevole contrazione dell’attività di commercio delle stesse espletato nei confronti della propria clientela straniera.
In prima battuta, il Tribunale si è soffermato sull’applicabilità della disciplina del sovraindebitamento familiare ex art. 66 CCII anche alla liquidazione controllata, trattandosi di norma collocata tra le disposizioni di carattere generale in tema di sovraindebitamento, analizzando, poi, la sussistenza nel caso di specie di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi per l’accesso alla procedura: i) è stata valutata positivamente la competenza del Tribunale adito; ii) le società di famiglia erano state cancellate da più di un anno dal registro dell’imprese e risultavano in ogni caso sottosoglia in relazione ai limiti dimensionali previsti per l’apertura della liquidazione giudiziale; iii) a corredo del ricorso introduttivo è stata depositata la relazione resa dal gestore della crisi nominato dall’O.C.C., come disciplinato dagli art.269 e ss. CCII.
Nella relazione resa dal Gestore della Crisi, sebbene fosse compiutamente illustrata la situazione economica, patrimoniale e finanziaria dei debitori, nulla è stato riportato in merito ad eventuali atti in frode compiuti dai debitori nell’ultimo quinquennio.
Alla luce di ciò, il Tribunale ha rilevato che suddetta analisi non fosse necessaria, al pari di un’analisi delle cause e dei motivi che hanno portato al sovraindebitamento dei ricorrenti.
Infatti, secondo il Tribunale di Pescara, ai fini dell’apertura della liquidazione controllata, non sono rilevanti né le cause né le modalità del sovraindebitamento, né l’assenza di atti in frode dei creditori compiuti negli ultimi cinque anni, in discontinuità rispetto a quanto previsto nella previgente normativa di cui alla Legge n. 3/2012.
Infatti, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza non prevede – a differenza dell’art. 14-quinquies, c. 1, L. n. 3/2012 – un dovere in capo al Giudice di verificare “l’assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni”. La mancata riproposizione di quanto previsto nella legge precedente è senz’altro una scelta voluta dal Legislatore, in armonia con quanto previsto nell’intera disciplina della liquidazione controllata: ciò sia in ragione dell’estensione della legittimazione a richiedere l’apertura della procedura ai creditori, sia tenendo conto – come affermato dal Tribunale – “che non esistono ragioni plausibili per escludere dall’ammissione a detta procedura liquidatoria il debitore che abbia posto in essere atti fraudolenti o che abbia assunto in modo imprudente o negligente le proprie obbligazioni”.
Alla luce di ciò, il Tribunale di Pescara, rilevando lo stato di sovraindebitamento dei ricorrenti, stante l’evidente squilibrio tra le obbligazioni assunte, ha ritenuto che sussistessero tutti i requisiti per l’apertura della liquidazione controllata, aprendo distinte procedure per ogni singolo ricorrente.