24.10.2022 Icon

Il giudizio di conferma delle misure protettive non è la sede di accertamento del credito

Il procedimento diretto alla conferma delle misure protettive e cautelari mira esclusivamente a verificare la sussistenza dei presupposti per la loro conferma, delineandone eventualmente i limiti.

Così si è espresso il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi a seguito di un’istanza presentata da una società capogruppo.

Va da sé, dunque, che in tale contesto il perimetro del sindacato giurisdizionale non potrà spingersi oltre la verifica dell’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento dell’impresa debitrice.

Dal principio sopra richiamato è possibile trarre i seguenti corollari.

In primo luogo, si osserva che la parentesi giudiziale diretta alla conferma o alla revoca delle misure protettive non potrà in alcun modo essere intesa come la sede preposta ad accertare la sussistenza di un credito o di un qualsivoglia rapporto contrattuale in essere tra le parti.

L’unico giudice competente a dirimere ipotetiche controversie che dovessero sorgere su tali aspetti rimane, infatti, quello della cognizione.

Sul piano pratico significa che non si vedranno scalfito il proprio diritto di credito coloro i quali, pur a fronte di dichiarazioni del debitore tali da ridimensionare la loro pretesa o addirittura disconoscerla, preferiranno rimanere inerti ovvero “non precisare il loro credito”.

Risulterà sempre competente il giudice della cognizione qualora l’oggetto del contendere dovesse riguardare la legittimità del rifiuto da parte di un creditore nell’adempiere un contratto pendente.

Spetterà, invece, al giudice dell’esecuzione valutare la legittimità di un pignoramento promosso in danno al debitore, nonostante l’ombrello protettive a lui accordato.

Secondariamente, ai fini della revoca delle misure protettive, non potranno trovare in alcun modo accoglimento le doglianze mosse dai creditori circa il loro mancato coinvolgimento al tavolo delle trattative. 

Nell’ambito del “percorso” il debitore non è, infatti, tenuto ad avviare i negoziati nei confronti dell’intera platea dei creditori, potendo, da un lato, selezionare quelli con cui strategicamente conviene intraprendere le trattative e, dall’altro, escluderli.

Così come non sono in alcun modo destinate ad influenzare il convincimento del giudice contestazioni circa la condotta scorretta e in mala fede di cui il debitore potrebbe essersi reso responsabile durante le trattative.

Tale contegno potrà, tutt’al più, rilevare in sede di verifica giurisdizionale della ritualità della domanda di omologa del concordato semplificato ex art. 25-sexies CCII.

Infine, nell’ambito del procedimento teso alla conferma delle misure protettive sono sottratti al sindacato del giudice le contestazioni relative ad eventuali conseguenze negative che potrebbero manifestarsi nei confronti dei creditori nel caso in cui il debitore decidesse di compiere atti di straordinaria amministrazione.

Dopotutto, come giustamente osserva il Tribunale di Milano, per espressa previsioni legislativa (ex art. 9, Legge n. 147/2021 – oggi art. 21 CCII), l’imprenditore, sebbene abbia avviato la composizione negoziata, conserva per tutta la durata delle trattative la gestione straordinaria dell’impresa, potendo compiere atti che esulano l’ordinaria amministrazione, anche in spregio al parere sfavorevole dell’esperto.

Autore Frank Oltolini

Associate

Milano

f.oltolini@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Crisi e procedure concorsuali ?

Contattaci subito