29.05.2024 Icon

Confermata anche nel CCII la liquidazione controllata «familiare»

Con la recente sentenza dell’8 maggio 2024 il Tribunale di Arezzo, tra le varie questioni esaminate, affronta il tema dell’applicabilità dell’art. 66 CCII – rubricato “procedure familiari” – alla procedura di liquidazione controllata, prendendo le mosse dal recente orientamento contrario della giurisprudenza di merito.

Tale orientamento (cfr., da ultimo, Tribunale di Lucca, sentenza del 27.2.2024) ne sancisce l’inapplicabilità sul presupposto che la possibilità di aprire una procedura familiare di liquidazione controllata sarebbe messa in dubbio proprio dalla collocazione sistematica dell’art. 66 – norma cardine delle cd. procedure familiari – all’interno del Codice. Siamo nel Titolo IV, Sezione I («disposizioni di carattere generale») del Capo II relativo alle procedure di «composizione della crisi da sovraindebitamento» e tendenzialmente si usa ricondurre tali procedure a quelle che «compongono» negozialmente la crisi, non risolvendosi nella pura e semplice liquidazione del patrimonio del debitore. Al contrario, la liquidazione controllata è collocata nel Capo IX, Sezione II del Titolo V dedicato alla liquidazione giudiziale.

Da un punto di vista letterale, poi, la disposizione di legge in commento consente espressamente la presentazione di un «unico progetto (familiare) di risoluzione della crisi». Nella liquidazione controllata, invece, non è letteralmente previsto il deposito di un progetto negoziale, essendo la procedura preordinata semplicemente alla liquidazione dell’intero patrimonio del sovraindebitato senza che in capo a quest’ultimo residui alcun margine di scelta. Di qui ne discenderebbe l’inapplicabilità dell’art. 66 CCII alla liquidazione controllata.  

Il Tribunale di Arezzo, tuttavia, non ritiene tale orientamento – pur suggestivo – del tutto convincente (cfr. nello stesso senso Tribunale di Modena, sentenza del 31.3.2023; Tribunale di Bologna, sentenza del 5.3.2024; Tribunale di Pesaro, sentenza del 12.2.2024).

Da un punto di vista sistematico, la Sezione I al Capo II del Titolo IV (artt. 65 e 66 CCII) – osserva il Tribunale – è costituita dai soli articoli 65 e 66 ed è genericamente dedicata alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (cd. «disposizioni di carattere generale»). L’art. 65 CCII, in particolare, al primo comma sancisce che i debitori non sottoponibili a liquidazione giudiziale possono «proporre soluzioni della crisi da sovraindebitamento secondo le norme del presente capo o del titolo V, capo IX». Viene, quindi, espressamente effettuato il richiamo anche alla liquidazione controllata.

Ulteriore argomento a sostegno della applicabilità dell’art. 66 CCII alla liquidazione controllata – prosegue il Tribunale – si rinviene prendendo in considerazione la cd. «norma catalogo» del Codice, vale a dire l’art. 2, il quale fornisce una definizione degli «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza» – concetto generale non distante dagli strumenti di «composizione» della crisi e dell’insolvenza» – piuttosto lata: essi consistono ne «le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio […]». Alla luce di tale definizione, pertanto, non vi è motivo di ritenere che il concetto di «composizione» della crisi debba essere limitato alle sole due procedure lato sensu negoziali, ben potendo includere anche la soluzione liquidatoria.

Quanto sin qui argomentato porta il Tribunale a ritenere che “in quest’ottica, il fatto che l’art. 66 faccia riferimento al «progetto di risoluzione della crisi» non appare di per sé decisivo. Invero, in senso strettamente tecnico, questo “progetto” è estraneo anche all’accordo ristrutturativo e al concordato, i quali piuttosto contemplano un piano corredato da una proposta. Il “progetto” a cui fa riferimento l’art. 66 è allora, più latamente, la previsione di soddisfacimento dei creditori che ordinariamente accompagna anche i ricorsi volti all’apertura della liquidazione controllata”.

Viene, da ultimo, precisato che anche nel vigore della L. n. 3/2012 (e prima ancora della novella di fine 2020 relativa all’introduzione dell’art. 7-bis disciplinante, per l’appunto, le «Procedure familiari») la giurisprudenza maggioritaria riteneva possibile aprire un’unica procedura familiare in presenza di un indebitamento comune (cfr. Tribunale di Mantova, sentenza del 8.4.2018; Tribunale di Bergamo, sentenza del 26.9.2018; Tribunale di Napoli, sentenza del 2.4.2019). Appare, quindi, evidente che tanto l’art. 7-bis della L. n. 3/2012 quanto l’art. 66 CCII hanno inteso dare continuità e consolidare questa prassi giurisprudenziale.

Stante quanto sopra, il Tribunale – rilevato che i due ricorrenti sono coniugi conviventi e che la gran parte dell’indebitamento ha origine comune – ha dichiarato l’apertura della liquidazione controllata familiare.

Autore Linda Frisoni Bianchi

Associate

Milano

l.frisoni@lascalaw.com

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