22.12.2021 Icon

Sostanza e prova nell’accesso agli atti della vigilanza bancaria

In tema di accesso ai documenti amministrativi la posizione delle associazioni portatrici di interessi diffusi non si differenzia in alcun modo da quella dei singoli individui, in quanto i requisiti sostanziali per il legittimo esercizio del diritto di accesso sono i medesimi per tutti i soggetti dell’ordinamento e si incentrano su un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica conoscenza documentale anelata; pertanto, nel caso in cui a richiedere l’accesso sia un’associazione rappresentativa di interessi diffusi l’interesse sotteso alla costituzione ed all’operatività della stessa si proietta in una dimensione di pretesa ostensiva solo ove la documentazione oggetto della richiesta sia effettivamente necessaria o, quanto meno, strettamente funzionale al conseguimento delle finalità statutarie, ciò che è onere dell’associazione stessa dimostrare, non essendo invece predicabile una sorta di legittimazione ostensiva generale discendente eo ipso dagli scopi statutari.

1 – Il caso Nel dicembre 2019 una nota associazione di tutela dei consumatori effettuava un’istanza di accesso agli atti nei confronti di Banca d’Italia e CONSOB, ritenendo il proprio interesse diretto, concreto ed attuale a conoscere gli accertamenti eseguiti nella crisi bancaria della Banca Popolare di Bari, onde prendere visione ed estrarre copia di accertamenti, ispezioni, istruttorie e relative risultanze nonché conoscere i nominativi dei soggetti (persone fisiche, enti e società) debitori nei confronti della Banca Popolare di Bari degli ultimi 4 anni. L’istanza veniva rigettata sia da Banca d’Italia sia da CONSOB essenzialmente: a) per la mancanza dell’interesse diretto, concreto ed attuale, in assenza della prova del nesso tra le informazioni richieste ed il perseguimento delle finalità statutarie, e per la genericità ed ‘esploratività’ dell’istanza, tendente di fatto ad attuare controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione; b) per l’improprietà della medesima con riferimento ai nominativi dei funzionari coinvolti, detenuti e maneggiati da Banca d’Italia essenzialmente per fini di vigilanza. L’ente associativo impugnava quindi il diniego avanti al TAR Lazio, il quale la respingeva sostenendo, anch’esso, l’assenza di un interesse sostanziale all’accesso a fronte della finalità di controllo ispettivo e la soggezione al segreto d’ufficio di gran parte dei documenti richiesti, connessi con l’attività di vigilanza bancaria. La sentenza veniva impugnata avanti al Consiglio di Stato.

2 – La motivazione – Il Consiglio di Stato respinge seccamente l’appello sulla base di tre ordini di argomentazioni.

Viene anzitutto confermata la giurisprudenza per la quale, in tema di accesso, le associazioni portatrici di interessi diffusi (in capo alle quali si cristallizza, nella forma di un interesse proprio, un interesse appunto diffuso nella società e, in quanto tale, privo di rappresentatività ovvero adespota) non si differenzia in alcun modo da quella dei singoli individui. L’interesse collettivo (ben diverso da quello generale e, vieppiù, da quello pubblico) è qualitativamente omogeneo a quello individuale, mantenendo l’uno e l’altro natura sostanzialmente privata, e pertanto, ai fini del legittimo esercizio del diritto di accesso, è necessario che esso, nella sostanza, sia esistente e rappresentato dall’associazione che effettua l’accesso, e, processualmente, sia provato.

Tale ultimo aspetto, poi, si configura ulteriormente come connessione tra la natura diretta, concreta ed attuale dell’interesse all’ostensione che fonda, in sede processuale, l’interesse a ricorrere avverso l’eventuale diniego, e le finalità statutarie dell’associazione. In altri termini, il sostrato sostanziale della pretesa ostensiva deve coincidere con la necessità che la documentazione e gli atti richiesti siano effettivamente necessari per il perseguimento delle finalità associative. Per gli interessi collettivi, come per quelli individuali, dunque, in mancanza di un’apposita previsione di legge, non può ritenersi sussistente una sorta di legittimazione ostensiva. Nel caso di specie il Consiglio di Stato conferma la decisione di primo grado, difettando la prova di uno specifico, puntuale e ben individuato nesso fra la conoscenza di accertamenti, ispezioni e istruttorie eseguite dalla Banca d’Italia e dalla Consob nella crisi bancaria della Banca Popolare di Bari e gli scopi statutari del Codacons, cui è estranea la titolarità di una sorta di azione ostensiva popolare o, a fortiori, di un sindacato ispettivo generale sull’operato delle Autorità di vigilanza. Né tale conclusione è indebolita da circostanze come la presentazione di esposti (facoltà propria di ogni consociato) o la costituzione di parte civile, stante la natura personale della responsabilità penale.

In secondo luogo viene evidenziato un dato formale, cioè che i documenti cui è riferita l’istanza, antecedenti (temporalmente) e propedeutici (funzionalmente) alla sottoposizione dell’istituto di credito pugliese alla procedura di amministrazione straordinaria, attengono per tabulas all’attività di vigilanza di pertinenza istituzionale della Banca d’Italia, sottratta ex lege all’accesso (art. 7 d.lgs. 385/1993); e tale attività non è affatto tipizzata, nel senso di riferirsi alle sole funzioni specificamente previste nel d.lgs. 385/1993, ma, necessariamente, si estende a tutte le iniziative della Banca d’Italia comunque istituzionalmente finalizzate al controllo circa l’operato degli istituti di credito.

Da ultimo, e con riferimento alla richiesta di conoscere i nominativi dei debitori della Banca Popolare di Bari, essa, oltre ad essere priva di un nesso con gli scopi statutari del Codacons, è anche strutturalmente inidonea ad essere oggetto di ostensione, giacché richiederebbe alla Banca d’Italia un’apposita attività di collazione e compilazione incompatibile con l’istanza di accesso così come conosciuta a strutturata dal nostro ordinamento. Essa, infatti, può riguardare solo documentazione già formata dalla pubblica amministrazione destinataria dell’istanza, richiedendosi quindi ad essa un mero dovere di dare (ossia di rendere conoscibile un quid già precostituito). Nel caso di specie, invece, sarebbe necessario anche un preliminare dovere di facere (ossia di confezionare e mettere a punto documentazione prima inesistente), come tale non ammesso dal nostro ordinamento.

Una sentenza, in definitiva, che ha il pregio di delineare, in sintesi, lo stato attuale dell’accesso nel settore bancario, chiarendone con precisione presupposti e limiti.

Cons. di Stato, Sez. IV, 14 dicembre 2021 n. 8333

Pierluigi Giammaria – p.giammaria@lascalaw.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA