Con la sentenza n. 645/2024, il Consiglio di Stato ritorna sulla differenza tra l’invalidità a effetto caducante e quella a effetto viziante, chiarendo che nel primo caso non sussiste alcun onere di impugnazione degli atti successivi al primo.
Il ricorso in appello, proposto tra gli altri dall’Agenzia delle entrate riscossione, mirava a riformare una sentenza del TAR che aveva accolto il ricorso per l’annullamento di un’intimazione di pagamento, osservando che gli atti presupposti erano stati caducati con differenti pronunce del Consiglio di Stato.
I ricorrenti, invece, sostenevano che non fosse in ogni caso possibile procedere all’annullamento dell’intimazione di pagamento senza preventiva impugnazione (e annullamento) della cartella di pagamento, atto che costituisce un presupposto dell’intimazione stessa.
Tale ricostruzione non è stata condivisa dal Consiglio di Stato con la sentenza in commento, il quale ha invece chiarito che l’omessa impugnazione della cartella di pagamento è irrilevante. Ciò che conta, infatti, è che vi sia stata l’impugnazione degli atti accertativi del debito, rispetto ai quali tanto la cartella di pagamento quanto l’intimazione di pagamento si pongono come atti meramente esecutivi.
In altri termini, occorre stabilire se l’annullamento del presupposto provvedimento di imputazione del prelievo determini il venir meno, in senso caducante, della cartella di pagamento e/o dell’intimazione di pagamento, anche ove queste ultime non siano state impugnate ovvero se l’impugnazione delle stesse non abbia dato esito positivo.
A rilevare è dunque la distinzione tra la figura dell’invalidità a effetto caducante e quella a effetto viziante. Riprendendo le parole del Consiglio di Stato, “la figura dell’invalidità caducante si delinea allorquando il provvedimento annullato in sede giurisdizionale costituisce il presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti consequenziali, esecutivi e meramente confermativi, sicché il suo venir meno travolge automaticamente … tali atti successivi … . L’effetto caducante può essere ravvisato solo quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti. Ne discende che nessun onere di impugnazione degli atti successivi alla imputazione del prelievo supplementare gravava sulla parte privata”.
A seguito di tale ragionamento, il Giudice ha respinto il ricorso in appello e ha precisato che il TAR aveva correttamente annullato l’intimazione di pagamento impugnata, costituendo essa l’atto a valle dei provvedimenti accertativi del debito annullati a monte, indipendentemente dalla “intervenuta impugnazione o meno della cartella di pagamento che si fosse frapposta tra l’atto di imputazione del prelievo e l’intimazione di pagamento”.