La sentenza n. 137 del 19 luglio 2024 ha, infatti, dichiarato illegittimo l’art. 10 bis, c. 6, d.l. 135/2018, che non consentiva il rilascio di nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente fino alla piena operatività del registro informatico nazionale delle imprese titolari di licenza taxi e di autorizzazione NCC.
La previsione ha, nei fatti, impedito l’accesso ai nuovi operatori per un tempo indefinito, creando un danno alla collettività anche a causa della scarsa offerta degli autoservizi pubblici non di linea.
La sentenza chiarisce anzitutto che l’adozione del recente decreto MIT 203/2024, che prevede la piena operatività del registro informatico a decorrere da 180 giorni dalla sua pubblicazione, non ha alcuna incidenza sul giudizio, in quanto ciò che si va a scrutinare riguarda la disposizione sopra citata di per sé stessa, a prescindere dalle circostanze che ne determinano la sua concreta applicazione.
Infatti, è proprio a causa di questa previsione che la pubblica amministrazione ha bloccato l’ingresso dei nuovi operatori nel mercato del NCC, in attesa dell’emissione di un decreto che istituisse il registro, e che, con il succedersi dei governi, degli annunci e degli immancabili rinvii, è arrivato solo dopo sei anni.
La sentenza osserva ancora come sia rimasto, nel frattempo, completamente disatteso anche quanto aveva osservato l’Autorità garante delle concorrenza e del mercato (AGCM), secondo cui «l’ampliamento dell’offerta dei servizi pubblici non di linea risponde all’esigenza di far fronte ad una domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall’incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione».
La disposizione censurata ha quindi indebitamente compromesso «non solo il benessere del consumatore, ma qualcosa di più ampio, che attiene all’effettività nel godimento di alcuni diritti costituzionali», a partire quindi dalla libertà di circolazione, «oltre che all’interesse allo sviluppo economico del Paese».
La Corte costituzionale assesta, quindi, un sonoro schiaffo non solo ai tassisti, ma anche al governo, che per l’appunto aveva impugnato l’art. 1 l.r. Calabria 16/2023, il quale prevedeva il rilascio di duecento autorizzazioni ai fini dello svolgimento del servizio NCC.