Tribunale di Roma, 2 ottobre 2015
Con la decisione oggetto del presente commento, il Tribunale di Roma, ha contribuito ad arricchire la giurisprudenza, ormai univoca, in tema di tassi di interessi usurai.
In particolare, il Giudice dell’Esecuzione, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione proposta dal debitore esecutato, ha ritenuto che nel caso di specie non si potesse invocare l’applicazione della legge n. 108/96, atteso che il contratto di mutuo, fondante le ragioni di credito della Banca procedente, era stato stipulato nel 1992 e risolto ben prima dell’entrata in vigore della citata legge.
In secondo luogo, il Tribunale ha ritenuto l’opposizione in ogni caso infondata, poiché frutto di un’interpretazione della nota sentenza n. 350/13, emessa dalla Corte di Cassazione, non condiviso dal Tribunale di Roma.
Infatti, secondo il Giudice, il principio sancito dalla Suprema Corte (che ha affermato che “ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c e dell’art. 644 c.p si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi moratori”) stabilisce esclusivamente che anche i tassi d’interesse moratoria debbano essere oggetto di valutazione in ordine al superamento del tasso soglia, senza tuttavia prevedere quanto invece sostenuto dall’opponente, a parere del quale, i diversi tassi (corrispettivi e moratori) debbano essere tra loro sommati.
A ragione di quanto sopra, il Tribunale ha avuto modo di osservare ulteriormente che “il tasso di mora ha una autonoma funzione quale penalità per il fatto, imputabile al mutuatario e solo eventuale, del ritardato pagamento, e quindi la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità della inadempienza, del tutto diversa dalla funsione di remunerazione propria degli interessi corrispettivi,” rigettando integralmente l’opposizione.
20 ottobre 2015
Matteo Mauro – m.mauro@lascalaw.com