Non si può ritenere che la partecipazione di un istituto di credito al panel deputato alla rilevazione dell’indice Euribor comporti, in maniera automatica, che l’ente di credito partecipante abbia falsato i valori riferiti all’Agenzia Reuters; come neppure che si sia avvalso dei benefici che si possono trarre dall’Euribor falsato.
Ha statuito così il Tribunale di Genova, nell’ambito di un giudizio che ha coinvolto un istituto di credito cliente dello Studio, sfatando il mito della manipolazione dell’Euribor e rigettando la doglianza che sta prendendo piede nel panorama del contenzioso bancario.
Il menzionato Giudicante, infatti, dopo aver precisato che ““Euribor” è il tasso di interesse medio applicato tra istituti di credito europei c.d. primari per operazioni interbancarie di prestito a breve termine (in Euro). Tale tasso viene rilevato giornalmente dalla European Banking Federation (EBF) in base alle segnalazioni quotidianamente effettuate all’agenzia Reuters da oltre cinquanta banche individuate tra quelle che presentano il maggiore volume di affari in Euro (per l’Italia contribuisce anche la banca)” ha ritenuto infondate, tra le altre, le censure svolte dal mutuatario inerenti la asserita nullità del tasso di interesse corrispettivo in quanto parametrato a un indice Euribor falsato e decretato come illegittimo dalla decisione della Commissione Europea AT39914, in materia di condotte anticoncorrenziali tenute da alcuni istituti bancari della c.d. Eurozona.
In particolare, il Giudice genovese ha ritenuto di rigettare la doglianza attorea, in quanto sfornita di prova precisando che spettava “alla ricorrente allegare e dimostrare la concreta incidenza sul singolo contratto dell’applicazione del tasso Euribor richiamato, nonché l’adesione di la banca all’intesa anticoncorrenziale vietata dalla normativa europea, e in particolare dall’art. 101 TUE, recepita nel diritto nazionale dalla L. n. 287/1990 (c.d. cartello interbancario)”.
Secondo il Tribunale, infatti, “tale prova non è stata offerta. In particolare, non è stato specificato se effettivamente nell’indicato periodo 2005-2008 il tasso variabile pattuito abbia superato il tasso-soglia, né è stato precisato in quali periodi e in quale misura sarebbe avvenuto tale superamento. Nemmeno sono state indicate le ragioni per cui l’eventuale superamento sarebbe disceso proprio dalla correlazione del tasso variabile in concreto applicato con il parametro Euribor contestato, piuttosto che, al contrario, dallo spread dell’1,75% dedotto nel contratto”
La sanzione del rigetto della domanda viene assunta dal Giudicante anche sulla scorta della circostanza che non risulta neppure provato che “l’Euribor assunto come parametro era effettivamente quello censurato dalla Commissione Europea: se anche è vero che la banca faceva parte del panel deputato alla rilevazione di tale indice, non è però automaticamente vero che detto ente di credito abbia falsato i valori riferiti all’agenzia Reuters, in quanto partecipe dell’intesa illecita, né che si sia avvalsa degli indebiti benefici ritraibili dall’Euribor falsato”.
La sentenza si rivela, inoltre, interessante in quanto il Tribunale, chiamato a pronunciarsi anche sulla asserita usurarietà degli interessi applicati al contratto di mutuo, oltre a rigettare la pretesa svolta dall’attrice sul criterio della sommatoria dei tassi, ha ritenuto non corretto il metodo di sommare anche i costi dell’erogazione “pari alla differenza tra TAEG e TAN”, alla stregua del calcolo degli interessi di mora in rapporto al c.d. TIR, tasso rendimento interno, precisando che tale ultimo metodo “è stato definitivamente superato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, nel confermare che anche gli interessi moratori convenzionali possono essere usurari (purché singolarmente considerati), ha imposto il raffronto tra il tasso di mora pattuito e il tasso-soglia, desunto dall’art. 2 L. 108/1996 per tipologie di operazioni contrattuali (Cass. ord. n. 27442 del 30.10.2018)”.
Infine, con riguardo alla sostenuta usurarietà del tasso effettivo di estinzione anticipata (c.d. T.E.E.A.), “ossia di quel tasso che trova applicazione in caso di recesso dal contratto di mutuo in data anteriore rispetto alla sua scadenza originariamente pattuita dalle parti” il nominato Giudicante ha precisato che “si tratta, in buona sostanza, di una penale di cui il mutuatario deve farsi carico laddove decida unilateralmente di sciogliersi anzitempo dal vincolo negoziale. È evidente, dunque, che tale onere non costituisce un costo del prestito di denaro, ma un elemento accidentale del mutuo, di applicazione meramente eventuale. Come tale, non rientra nel calcolo del TAEG che, per definizione, sintetizza il costo dell’erogazione pecuniaria”.
Le domande svolte dall’attore sono state, pertanto, integralmente rigettate con relativa condanna alle spese.
Tribunale di Genova, ordinanza del 22 gennaio 2019Alessandra Sangrigoli – a.sangrigoli@lascalaw.com
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