Nel caso di specie lo Studio ha assistito una banca in un causa promossa da un cliente che, da un lato, contestava i tassi di interesse applicati al conto corrente e la loro periodicità di liquidazione, e, dall’altro lato, eccepiva la nullità del mutuo stipulato con l’istituto di credito, a fronte dell’asserita applicazione di interessi usurari (l’usurarietà veniva ottenuta con la nota sommatoria dei tassi di interesse corrispettivi e moratori) e dell’illegittimità del piano di ammortamento alla francese.
Il Tribunale di Milano ha rigettato tutte le domande ed eccezioni di parte attrice, ritenendo di dover unicamente verificare l’applicazione di eventuali interessi anatocistici per il solo periodo anteriore al 30.06.2000.
Di tale articolata sentenza, pare qui opportuno segnalare soprattutto la decisione assunta in punto onere probatorio ed anatocismo.
In primo luogo, trattandosi di causa passiva, il Giudice ha evidenziato come fosse onere del correntista dimostrare l’asserita illegittimità degli addebiti in c/c, producendo copia del contratto. Si legge, infatti, “L’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 cod. civ. su chi intende far valere in giudizio un diritto (…) non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto pur se negativo, ha carattere costitutivo; (…) Tale principio opera anche con riferimento al tipo di domand qui svolta. Infatti in tema di ripetizione di indebito oggettivo, la prova dell’inesistenza della causa debendi incombe sulla parte che propone la domanda, trattandosi di elemento costitutivo della stessa ancorché abbia ad oggetto fatti negativi, dei quali può essere data prova mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni da cui desumersi il fatto negativo (v. Cass 22872/2010). Nella fattispecie parte attrice non ha prodotto il contratto di conto corrente e quindi manca la prova dell’assenza di accordi tra le parti in ordine all’applicazione di spese, costi e c.m.s. (…) In tal modo la parte è venuta meno al proprio onere di provare l’assenza di titolo per gli addebiti denunciati e quindi la sua domanda di ripetizione per le causali di cui sopra deve essere rigettata”.
Con riferimento, invece, alla questione dell’anatocismo, il G.U. ha riconosciuto la legittimità della capitalizzazione trimestrale, laddove sia intervenuto, dopo il 30/06/2000, l’adeguamento alla nota delibera CICR del 9.02.2000, adeguamento che ben può essere stato effettuato con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, senza necessità di ottenere una apposita sottoscrizione del cliente. Infatti, “ai sensi dell’art. 7 della delibera in questione nella fattispecie non occorreva una nuova sottoscrizione del contratto, contrariamente all’opinione di parte attrice, dal momento che la modifica inserita non è peggiorativa rispetto alle condizioni applicate in precedenza. Infatti da una capitalizzazione solo annuale degli interessi a credito e invece trimestrale per quelli a debito si è passati ad una par periodicità trimestrale per entrambi”.
Il Giudice ha, inoltre, precisato che la delibera CICR del 9/02/2000 non è stata travolta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000, atteso che – tramite quest’ultima decisione – è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del solo comma 3 dell’art. 25 d. lgs. 342/1999, per difetto di delega, ma “nessuna censura è stata svolta nei confronti dell’incarico al CICR volto a stabilire le modalità di adeguamento dei contratti in corso”.
Trib. Milano, 20 agosto 2016, n. 9737 (leggi la sentenza)Simona Daminelli – s.daminelli@lascalaw.com