Cass., 9 aprile 2013, Sez. III, n. 8584
Massima (non ufficiale): “Nella formulazione del motivo di ricorso di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è richiesto, a pena di inammissibilità, un idoneo ‘momento di sintesi’ che richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile da parte del Giudice di legittimità” (leggi la sentenza per esteso)
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su una vicenda relativa ad un sinistro stradale, ha precisato la modalità con cui deve essere formulato il motivo di ricorso di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., ovvero, nel testo precedente al D.L. 83/2012 conv. in L. 134/2012 applicabile ratione temporis, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
A pena di inammissibilità, il suddetto motivo deve contenere un “momento di sintesi”.
Tale “momento di sintesi” si risolve in un’esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.
Come più volte affermato dalla Suprema Corte, infatti, non è compito del Giudice di legittimità individuare i vizi motivazionali della sentenza impugnata. La Corte di Cassazione ha unicamente il dovere di verificare il fondamento della denunciata violazione.
Per tale ragione, il motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. deve avere un contenuto specifico che sia autonomamente ed immediatamente individuabile, senza che sia necessaria un’attività esegetica del motivo medesimo da parte della Corte di legittimità.
(Francesca Fumagalli – f.fumagalli@lascalaw.com)