28.10.2021 Icon

Difformità del bene: si litiga davanti al Giudice dell’esecuzione

La questione trae origine a conclusione di un’esecuzione immobiliare, in seno alla quale veniva trasferito un fondo rustico, comprensivo di diverse particelle. Su una di queste, il debitore esecutato aveva realizzato un fabbricato, divenuto quindi accessorio del fondo ex art. 934 c.c..

Con un successivo e differente decreto di trasferimento emesso nell’ambito della medesima esecuzione, veniva trasferito, ad altro soggetto, un altro lotto, che comprendeva però la suddetta particella.

Per porre rimedio a tale errata individuazione dei beni oggetto di esecuzione e dei successivi decreti di trasferimento, l’aggiudicataria del primo lotto incardinava un giudizio di merito, sostenendo che la citata particella non fosse venuta mai a giuridica esistenza, non essendo mai stata frazionata né parte di un distinto lotto.

Parte attrice, quindi, adiva il giudice di prime cure per vedere accertata la validità del titolo di acquisto e la proprietà dell’intera particella e conseguentemente che la convenuta non potesse rivendicare alcun diritto sulla particella in questione e sul fabbricato insistente, poiché avrebbe dovuto considerarsi accessorio della medesima particella.

Il Tribunale, in accoglimento parziale della domanda attorea, dichiarava ed accertava la validità del titolo di acquisto, accogliendo però anche la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta, dichiarando la validità del suo titolo di acquisto e di conseguenza l’esistenza del suo diritto di proprietà sulla particella. Disponeva, infine, la rettifica dei decreti di trasferimento.

Parte attrice proponeva appello, che veniva rigettato. La vicenda veniva quindi sottoposta all’esame della Suprema Corte.

Gli Ermellini osservavano preliminarmente che in materia di esecuzione forzata, il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 c.p.c. pur avendo ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato, non deve considerarsi inesistente, ma solo affetto da invalidità da far valere con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

Tale rimedio deve estendersi anche all’ipotesi in cui risulti controversa l’identificazione del bene oggetto del decreto con riferimento alla sua estensione.

Inoltre, afferma la Suprema Corte, i beni trasferiti a conclusione di un’espropriazione immobiliare, sono quelli indicati nel decreto di trasferimento, comprensivo degli accessori, pertinenze, frutti, miglioramenti ed addizioni, cui si estendono per effetto del pignoramento.

Pertanto, pur non espressamente menzionati nel decreto di trasferimento, nel caso in cui siano parte integrante del bene principale, come le accessioni propriamente dette, saranno oggetto del medesimo decreto di trasferimento.

In conclusione, quindi, tornando alla vicenda in esame, eventuali difformità tra risultanze e consistenza del bene come effettivamente individuate nel decreto di trasferimento rispetto a quelle reali, devono essere fatte valere all’interno del processo esecutivo.

La convenuta avrebbe dovuto ricorrere al rimedio previsto dall’art. 617 c.p.c. opponendosi al decreto di trasferimento, avente ad oggetto un bene difforme da quello descritto, perché considerato privo di un’area sulla quale insisteva il fabbricato conteso, da ritenersi già oggetto del precedente decreto di trasferimento emanato in favore dell’attrice.

Cass., Sez. II, 22 giugno 2021, n. 17811

Beatrice Vallone – b.vallone@lascalaw.com

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