Cass., 14 marzo 2013, Sez. III, n. 6575Massima: “La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione, abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione.” (leggi la sentenza per esteso)
La Cassazione Civile con sentenza n. 6575/13 si è pronunciata in merito all’efficacia del pignoramento promosso da un creditore personale nei confronti anche del coniuge non debitore in comunione legale dei beni con il coniuge debitore, nonché alla migliore opzione che il coniuge non debitore può attivare al fine di tutelare i propri diritti a fronte del pignoramento.
Nella giurisprudenza prevalente, la comunione legale è una comunione senza quote i cui coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni di essa e, rispetto alla quale, non è ammessa la partecipazione di estranei (cfr. Cass. Civ. n. 12923/ 12; Cass. Civ. n. 22082/11…), trattandosi di comunione finalizzata, diversamente da quella ordinaria, alla tutela della proprietà non individuale, bensì di famiglia. La quota non è quindi un elemento strutturale della proprietà dei coniugi e, nei confronti dei terzi, ciascuno dei coniugi, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell’intero bene comune.
Pertanto, il coniuge non debitore si trova nelle stesse condizioni dell’esecutato come contitolare e deve essere destinatario della notifica del pignoramento da parte del creditore personale del coniuge debitore in regime di comunione legale.
Ammettere infatti un’espropriazione per la sola quota della metà (del coniuge debitore) significherebbe consentire l’assegnazione della quota dell’esecutato anche agli estranei, o, ancor peggio, la sua vendita giudiziaria con l’introduzione, all’interno di un bene che per definizione è restato nella comunione legale, di un estraneo a quest’ultima.
Ne deriva che la sola opzione ricostruttiva legittima è data dal sottoporre il bene al pignoramento per l’intero, anche se a fronte di un credito personale verso uno solo dei coniugi,. Da ciò l’assegnazione o la messa in vendita del bene per intero e lo scioglimento della comunione legale con riferimento a quel bene. A seguito del medesimo scioglimento, che si perfeziona al momento del trasferimento della proprietà del bene, consegue il diritto del coniuge non debitore, in applicazione dei principi generali sulla ripartizione del ricavato al momento del suo scioglimento, al controvalore lordo del bene nel corso della stessa procedura esecutiva. Con la vendita o l’assegnazione il bene è uscito dalla comunione e, per l’esigenza di assicurare l’operatività della responsabilità patrimoniale del coniuge debitore in proprio, il suo ricavato va ripartito tra i due coniugi, allo stesso modo in cui allo scioglimento della comunione nel suo complesso ognuno di loro avrebbe diritto al controvalore della metà dei beni della comunione.
(Federica Martini – f.martini@lascalaw.com)