Cass., 12 settembre 2013, Sez. III, n. 20891 (leggi la sentenza per esteso)
Con sentenza n. 20891, depositata in data 12 settembre 2013, la Corte di Cassazione, sezione III, ha affermato il seguente principio di diritto: “in tema di responsabilità per danni derivanti dalla lesione del diritto personale all’onore, nel caso in cui sia presentato un esposto da un avvocato contro un collega al Consiglio locale dell’Ordine forense, per escludere l’antigiuridicità del comportamento è necessario e sufficiente che le offese contenute negli scritti difensivi siano in rapporto di giuridica necessità o utilità con l’esercizio del diritto di presentare esposti (innanzi a detto Consiglio) da parte del soggetto che le ha scritte”.
La tesi della Corte esclude quindi che la presentazione di un esposto da parte di un avvocato, nei confronti di un altro avvocato iscritto, possa automaticamente rappresentare un’ipotesi di responsabilità, dovendosi invece valutare, volta per volta, il contenuto letterale dell’esposto e la sua eventuale rilevanza penale.
Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, era stato proposto un ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Napoli, che aveva rigettato le richieste risarcitorie avanzate da una coppia di coniugi. Quest’ultimi avevano promosso ben due distinte azioni civili poi successivamente riunite. La prima domanda di risarcimento era fondata su una presunta diffamazione operata dall’avvocato convenuto, per aver prodotto quest’ultimo, nell’ambito di una procedura fallimentare, un rapporto redatto da un’agenzia investigativa che attribuiva agli attori presunte attività illecite nonché la commissione di reati di abusivismo edilizio. La seconda azione risarcitoria, promossa anche dal loro procuratore che agiva anche per conto proprio, era fondata, invece, su una presunta diffamazione compiuta dall’avvocato convenuto, tramite un esposto inviato al competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
Nel rigettare tali richieste risarcitorie, gli Ermellini richiamano quanto già statuito in un caso analogo (Corte di Cassazione, sentenza n. 20141 del 18 ottobre 2005), ed osserva che, opinando diversamente, si verrebbe a negare lo stesso diritto, tutelato dall’art. 51 c.p., di presentare esposti o comunque di adire l’organo disciplinare per vedere accertato un illecito.
(Paolo Sobrini – p.sobrini@lascalaw.com)