10.07.2018 Icon

L’insostenibile leggerezza della sommatoria

Merita certamente di essere analizzata la recentissima sentenza del Tribunale di Roma ottenuta a conclusione di un procedimento seguito dal nostro Studio.

Il giudizio verteva su di un contratto di mutuo ipotecario, in merito al quale le controparti asserivano fossero stati corrisposti interessi a tasso usurario. Nello specifico, chiedevano la ripetizione delle somme percepite in forza del mutuo a titolo di interessi corrispettivi e moratori applicati con tassi usurari e con illecita capitalizzazione, previo accertamento della nullità parziale ex art. 1815 Cod. Civ. del contratto.

Il Tribunale a conclusione del giudizio ha ritenuto ogni domanda attorea infondata. Dall’analisi della documentazione prodotta è emerso chiaramente come i tassi di interesse pattuiti, convenzionali e moratori, fossero inferiori al tasso soglia antiusura.

Passaggio fondamentale della sentenza qui in commento è quello  riguardante la c.d. sommatoria degli interessi corrispettivi e moratori.

Il Giudice, sul punto, coglie l’occasione per effettuare un’approfondita disamina su quelli che sono gli orientamenti giurisprudenziali attuali e gli errori – capziosi o meno – nei quali spesso ricadono i clienti sostenendo la teoria in parola.

Si legge in sentenza: “il tasso di mora ha una funzione autonoma e distinta rispetto agli interessi corrispettivi, poiché mentre l’uno sanziona il ritardato pagamento, gli interessi corrispettivi costituiscono la effettiva remunerazione del denaro mutuato, pertanto, stante la diversa funzione ed il diverso momento di operatività, la verifica della usurarietà degli interessi moratori va effettuata in modo distinto ed autonomo da quella relativa agli interessi corrispettivi, con esclusione della loro sommatoria”.

Il cuore della questione non è se gli interessi moratori siano o meno da considerarsi soggetti al vaglio antiusura, ma come tale controllo debba essere effettuato. E’ proprio su tale argomento che si è sviluppato un enorme contenzioso, alimentato spesso da criptiche pronunce giurisprudenziali.

Afferma il Giudice: “la rilevazione dell’usurarietà degli interessi moratori postula l’analisi dei relativi tassi autonomamente rispetto agli interessi corrispettivi, con esclusione di ogni ipotesi di sommatoria tra gli stessi. L’eventuale caduta in mora del rapporto non comporterebbe comunque la somma dei due tipi di interesse, venendo gli interessi di mora ad applicarsi unicamente al capitale non ancora restituito e alla parte degli interessi convenzionali già scaduti e non pagati qualora gli stessi fossero imputati a capitale”.

Tra le sentenze tradizionalmente interpretate in maniera  fallace ricade certamente la pronuncia della Corte di Cassazione n. 350 del 9/1/2013: “non vale in contrario richiamare la nota sentenza della Corte di Cassazione n. 350 del 9/1/2013, in cui non si afferma di doversi procedere al cumulo tra i tassi d’interesse corrispettivo e moratorio ai fini della verifica del rispetto della soglia antiusura, ma solamente che occorre verificare l’usurarietà anche degli interessi di mora, principio già in precedenza affermato dalla Suprema Corte (cfr. Cass. Civ. n. 5286 del 22/4/2000; Cass. N. 5324 del 4/4/2003)”.

Sempre in un’ottica di definitivo chiarimento dell’interpretazione delle norme, il giudicante ritiene di dover vagliare il contenuto di un’altra sentenza – Cassazione Civile sent. n. 2319/2017 – spesso invocata dai correntisti/mutuatari. Ciò che la Suprema Corte in tale pronuncia afferma è che sia da censurare: “il ragionamento sotteso alla pronuncia del Tribunale nella parte in cui era stata apoditticamente esclusa l’usurarietà degli interessi per il solo fatto della non applicabilità della sommatoria dei relativi tassi, dovendosi ritenere che la Suprema Corte abbia evidenziato la necessità di verificare in concreto la usurarietà dei tassi d’interesse, ma ciò non implica che debba farsi luogo alla loro sommatoria ai fini della verifica del superamento del c.d. tasso soglia”.

Degno di nota è anche il passaggio della sentenza qui in commento nel quale il giudicante spiega come, essendo gli interessi moratori più alti – in quanto hanno funzione di compensare la banca del mancato inadempimento – se fossero inclusi nel TEG medio potrebbero determinare un eccessivo innalzamento delle soglie antiusura, effetto che si rivelerebbe deleterio per la stessa clientela.

In merito alle giuste modalità di calcolo della soglia usura, si legge in sentenza: “si evidenzia che, a partire dal Decreto del Ministro della Finanze del 25 marzo 2003 e in tutti quelli successivi, è stato chiarito che “i tassi effettivi globali medi di cui all’articolo 1 comma I non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento”. In proposito i medesimi Decreti avevano rilevato che da ‘un’indagine statistica… i tassi di mora applicati dagli intermediari erano mediamente pari a 2,1 punti percentuali oltre il Tasso Effettivo Globale medio. La stessa Banca d’Italia ha affermato che “in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori”, si possa fare riferimento al “criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo”.

Sulla scorta di tali condivisibili argomentazioni, il Giudice ha ritenuto infondate le censure mosse da parte attorea, essendo i tassi d’interesse previsti in contratto – sia corrispettivi che moratori – inferiori alle soglia usura.

Da ultimo, il Tribunale ha ritenuto di dover respingere anche le doglianze in merito all’applicazione di interessi anatocistici in riferimento al sistema di ammortamento alla francese. Difatti “la caratteristica del cd. piano di ammortamento alla francese non è, quindi, quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti, in cui la quota di interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale. Infatti, anche nel metodo di capitalizzazione alla francese gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a ciascuna rata, sicché non vi è alcuna discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato e non vi è alcuna applicazione di interessi su interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti”.

Alla luce di questo, ennesimo, arresto giurisprudenziale, ci si augura di aver definitivamente imboccato la via del superamento di ogni contrasto sul punto  lasciando finalmente alle spalle l’incondivisibile tesi della sommatoria degli interessi.

Tribunale di Roma, 4 luglio 2018, n. 13776Angelo Pasculli – a.pasculli@lascalaw.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA