29.07.2021 Icon

Limiti alla retrodatazione degli effetti contabili della fusione

La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano ha recentemente adottato e pubblicato (il 17 novembre 2020) alcune nuove massime in materia societaria tra cui quella avente ad oggetto i limiti alla retrodatazione degli effetti contabili della fusione e della scissione (Massima n. 192).

In proposito, si rammenta, innanzitutto, che, ai sensi infatti dell’art. 2504 bis, comma 3 e dell’art. 2506 quater c.c., la data – indicata nel progetto di fusione ex art. 2501 ter n. 6 (cui l’art. 2506 bis c.c. in tema di scissione rinvia) – a decorrere dalla quale le operazioni delle società partecipanti sono imputate al bilancio della società che risulta dalla fusione o di quella incorporante (oppure, in caso di scissione, delle beneficiarie), può essere anche anteriore a quella degli effetti c.d. civilistici. Questi ultimi coincidono – come noto – con l’ultima delle iscrizioni dell’atto di fusione nel registro delle imprese (o di quello di scissione nei registri delle beneficiarie), salvo che sia prevista una data successiva nei casi di fusione per incorporazione o di scissione a favore di beneficiarie preesistenti.

La retrodatazione è, dunque, ammessa per i soli effetti contabili, mancando tuttavia una previsione espressa circa i limiti della medesima, da ritenersi sussistenti per scongiurare gli effetti distorsivi di una retrodatazione eccessiva.

La Commissione ha così chiarito se vi siano limiti alla retrodatazione degli effetti contabili della fusione e della scissione ed in particolare se siano applicabili i limiti previsti dalla normativa fiscale e civilistica che regola le operazioni di fusione e scissione.

In materia fiscale, l’art. 172, comma 9, del d.p.r. 917/1986 (“TUIR”) in tema di fusione, stabilisce, ai fini delle imposte sui redditi, che la retrodatazione degli effetti di tale operazione straordinaria possa arrivare al massimo alla data “in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante”. Sempre ai fini delle imposte sui redditi, l’art. 173 comma 11 del TUIR consente la retrodatazione degli effetti della scissione “limitatamente ai casi di scissione totale ed a condizione che vi sia coincidenza tra la chiusura dell’ultimo periodo di imposta della società scissa e delle beneficiarie e per la fase posteriore a tale periodo”.

Ai fini fiscali, quindi, è evidente che gli effetti della fusione possono retroagire al massimo fino al primo giorno dell’esercizio in corso alla data di efficacia civilistica e, qualora gli esercizi delle società coinvolte nella fusione inizino in giorni diversi, fino al giorno più prossimo alla data di efficacia civilistica. Analogamente avviene per la scissione, nei casi in cui la retrodatazione fiscale è consentita.

Nel codice civile, invece, non vi è alcuna norma che prevede espressamente limiti alla retrodatazione degli effetti contabili delle operazioni di fusione e scissione: stando così le cose, si è reso opportuno verificare: (i) se il limite dell’“esercizio in corso”, previsto dalla norma fiscale evidentemente in connessione con gli obblighi fiscali, trovi ragion d’essere anche a fini civilistici ed altresì (ii) se invece, in assenza di limitazioni espresse nella normativa civilistica, vi siano altri limiti sistematici alla retrodatazione.

Secondo la Commissione, l’assenza di limiti espliciti nell’ordinamento fa propendere per la possibilità di retrodatazione oltre l’esercizio in corso, considerando che le ragioni del limite “fiscale” non sono applicabili agli effetti civilistici della fusione (o scissione); anche in caso di retrodatazione ultra esercizio, infatti, le operazioni delle società fuse (o scisse) sono inserite nella contabilità e nei bilanci della società incorporante (o beneficiaria), senza dispersione di dati o alterazione di effetti.

Venendo, dunque, ai limiti della retrodatazione, invece, secondo la Commissione essa – ai soli fini contabili – sarebbe consentita ad una data ricompresa in un esercizio già chiuso, a condizione che il relativo bilancio non sia stato ancora approvato o che non siano decorsi i termini per la sua approvazione.

La retrodatazione, in particolare, incontrerebbe “il limite fisiologico costituito dalla necessità che le operazioni compiute tra la data di decorrenza degli effetti contabili e la data di efficacia della fusione (o della scissione) possano essere recepite nel bilancio della società risultante dalla fusione, della società incorporante o delle società beneficiarie, e non siano già state recepite nel bilancio delle società fuse, delle società incorporate o della società scissa.

Di conseguenza non è possibile retrodatare gli effetti contabili oltre il primo giorno dell’esercizio in corso alla data di efficacia civilistica di fusione o scissione qualora anche solo uno di tali bilanci sia già stato approvato ovvero sia scaduto il relativo termine di approvazione. In particolare il predetto ultimo limite temporale, consistente nell’avvenuta scadenza del termine previsto dalla legge per l’approvazione del bilancio, è coerente col sistema generale ed appare necessario per evitare che una retrodatazione “eccessiva” consenta di ottenere effetti distorsivi e una rappresentazione contabile fittizia che potrebbe derivare dalla “commistione” di operazioni troppo risalenti.”.

Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 195

Maria Giulia Furlanetto – m.furlanetto@lascalaw.com

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