Secondo Mario Draghi, con riferimento alle ricadute economiche dovute – anche – al conflitto in Ucraina e alle possibili strategie per sostenere le aziende italiane sull’orlo della crisi occorrerà “una risposta politica di bilancio che non può essere dei bilanci nazionali ma deve essere una risposta europea … dobbiamo ri-orientare le nostre fonti di approvvigionamento e ciò significa costruire delle nuove relazioni commerciali”.
In tal senso, risultano essere tre gli interventi chiave predisposti dalla Commissione europea nel suo quadro temporaneo di crisi (un provvedimento fondato sul Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (articolo 107)): aiuti diretti alle imprese, sostegno alla liquidità, misure per compensare i costi-extra dell’energia.
Sostegni, quindi, che legittimeranno gli Stati membri a concedere aiuti fino a 35mila euro per le imprese nel settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura e fino a 400mila per quelle che operano in altri settori, anche concedendo sovvenzioni dirette o sottoforma di prestiti agevolati.
Inoltre, gli Stati membri potranno limitare gli aiuti alle attività destinate a sostenere specifici settori economici di particolare importanza per l’economia o a sostenere la sicurezza e la resilienza del mercato interno. Tuttavia, tali limiti devono essere concepiti in modo ampio e non comportare una limitazione artificiale dei potenziali beneficiari.
Tuttavia, i predetti sostegni appaiono essere propedeutici ad altri due obbiettivi dell’Unione Europea: porre fine alla dipendenza dell’UE dai combustibili fossili russi e affrontare la crisi climatica accelerando la transizione energetica.
Invero, l’opzione di un embargo totale risulta essere da tempo accantonata. Molti Paesi, a cominciare dalla Germania, sono contrari per via delle possibili ripercussioni sulle nostre economie previste tra l’1 e il 4% del pil nazionale, a seconda della dipendenza dai combustibili fossili russi e per questo l’orientamento maggioritario reputa preferibile una uscita progressiva.
Anche su questo punto la Commissione europea ha presentato il piano REPowerUE in risposta alle difficoltà e alle perturbazioni del mercato mondiale dell’energia causate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Le misure contenute nel piano possono aiutare a realizzare questa ambizione attraverso il risparmio energetico, la diversificazione dell’approvvigionamento energetico e una più rapida diffusione delle energie rinnovabili per sostituire i combustibili fossili nelle case, nell’industria e nella generazione di energia elettrica.
Obbiettivi imponenti dunque, che richiedono 210 miliardi di investimenti supplementari entro il 2027, considerando, al contempo, che tagliare le importazioni di combustibili fossili dalla Russia potrà far risparmiare all’UE quasi 100 miliardi l’anno.
Tuttavia al momento la situazione appare piuttosto precaria.
Da mesi infatti una massiccia crisi delle aziende appare come una realtà sempre più vicina e, complice l’imminente entrata in vigore del Codice della crisi il prossimo 15 luglio, le attenzioni sono sempre più focalizzate sui possibili – imprevedibili – scenari che, in ogni caso, dovranno affrontarsi e come tutte le predette “novità” e misure potranno influire.
Tiziano Berti – t.berti@lascalaw.com
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