22.04.2016 Icon

La tenuta irregolare delle scritture contabili integra il reato di bancarotta fraudolenta

Nel caso in esame, l’amministratore di una società fallita ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano che, confermando quella di primo grado, lo ha condannato per il reato di bancarotta fraudolenta “documentale”.

L’imputato è stato ritenuto colpevole, tra le varie condotte illecite, di aver omesso di tenere il libro giornale, impedendo così l’esatta ricostruzione dei movimenti finanziari dell’impresa.

In sede di appello, l’imputato ha sostenuto  che la mancata tenuta delle scritture contabili non configurasse l’ipotesi dolosa, non essendo provata la finalità di creare pregiudizio ai creditori. In altri termini, l’imputato ha sostenuto di non dover rispondere del reato contestatogli, non essendo stato dimostrato il dolo specifico del reato stesso.

Tale argomentazione si è scontrata con la costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui – dal punto di vista oggettivo – sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza.

Dal punto di vista soggettivo, poi, i Giudici hanno ritenuto pacifica la conclusione per cui il reato di bancarotta fraudolenta “documentale” richieda il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio. Infatti, a parere della Corte, la locuzione “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari” connoterebbe la condotta e non la volontà dell’agente, sicché è escluso che essa configuri il dolo specifico.

Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Suprema Corte ha ritenuto del tutto irrilevante che l’imputato possa avere agito senza la finalità di recare pregiudizio ai creditori, dovendosi osservare che tale scopo integrerebbe una forma di dolo specifico, il quale, tuttavia, è circoscritto alla sola ipotesi in cui le scritture siano state sottratte, distrutte o falsificate, con esclusione dunque dell’ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di tenuta irregolare delle medesime.

In conclusione, la Cassazione ha sancito che la tenuta irregolare delle scritture integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, fattispecie a dolo generico che non richiede la specifica volontà di arrecare pregiudizio ai creditori, ma per integrare la quale è sufficiente la consapevolezza di ostacolare, con le proprie omissioni, gli accertamenti sulle attività dell’impresa.

Cass., Sez. V Penale, 3 marzo 2016, n. 9250

22 aprile 2016

Luciana Cipollal.cipolla@lascalaw.com e Fabrizio Manganiellof.manganiello@lascalaw.com