23.03.2015 Icon

La rinuncia alla domanda di concordato con riserva impedisce la riproposizione di analoga domanda nel biennio successivo

Tribunale di Napoli Nord, 25 febbraio 2015 (leggi la sentenza)L’argomento che si segnala ai lettori verte sulla pronuncia emessa dal Tribunale di Napoli Nord in data 25 febbraio 2015 in materia di concordato con riserva di cui all’art. 161, comma 9, L.F.

Tale disposizione prevede, come noto, l’inammissibilità della domanda di concordato con riserva qualora il debitore abbia presentato analoga richiesta nei due anni precedenti: ad avviso del Tribunale di Napoli si tratta di norma applicabile anche all’ipotesi in cui la domanda stessa sia stata oggetto di rinuncia.

Ed infatti la norma costituirebbe, per i giudici napoletani “un’esplicita e paradigmatica positivizzazione dei limiti che il legislatore ha voluto porre all’utilizzo abusivo dello strumento, ma non esaurisce di certo le possibili ipotesi di condotte abusive, la cui individuazione e valutazione non può che essere demandata all’attività interpretativa del giudice.

Nel caso di specie una società di capitali aveva rinunciato e poi ripresentato una nuova domanda di concordato in bianco.

Tale comportamento, secondo i giudici partenopei, ha comportato un vero e proprio sviamento abusivo dell’iter processuale, causando, da un lato, il prolungamento sine die e senza soluzione di continuità, dell’effetto protettivo previsto dall’art. 168 l.f. e, dall’altro, il blocco ad libitum di eventuali ricorsi di fallimento giungendo, infine, ad eludere il meccanismo preclusivo dell’art. 161, comma 9, l.f. derivante da un’eventuale pronuncia sfavorevole.

In via di principio, infatti, può senz’altro ritenersi sussistente “la facoltà per il ricorrente, quale che sia la natura giuridica che si voglia attribuire all’istituto concordatario, di rinunciare liberamente alla domanda di concordato preventivo fino alla chiusura della procedura (e quindi sino al decreto di omologa). E ciò tanto nell’ipotesi di deposito contestuale della proposta e del piano, quanto nel caso di pre-concordato.

Tuttavia tale facoltà riconosciuta in via generale a chiunque ricorra alla procedura di concordato preventivo trova comunque un limite nell’istituto di carattere altrettanto generale dell’abuso del diritto.

E il criterio decisivo per valutare o meno la sussistenza dell’abuso, è, secondo il Tribunale di Napoli Nord,  verificare se esso “comprima in modo illegittimo gli interessi dei creditori, e in particolar modo del creditore procedente per il fallimento, portatore di un interesse rilevante”. Con l’ovvia conseguenza, che, qualora l’interesse del creditore procedente non sussista, la condotta della ricorrente non potrebbe più qualificarsi come abusiva.

Nel caso di specie, i giudici partenopei, avendo rinvenuto nella condotta della società ricorrente una chiara ipotesi di abuso di diritto, hanno dichiarato inammissibile la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, previa inammissibilità della rinunzia presentata dalla medesima società.

23 marzo 2015Valeria Sallemi – v.sallemi@lascalaw.com